Un’indagine della Cgil condotta nel periodo 2014-2017 rivela il già noto fenomeno delle lunghe liste d’attesa nel sistema sanitario pubblico sul suolo nazionale.
Aumentano i periodi d’attesa, in media 2 mesi per una visita medica, contro 7 giorni nel privato e 6 in intramoenia. È quanto emerge dall’Osservatorio sui tempi di attesa e sui costi delle prestazioni sanitarie nei Sistemi sanitari regionali, ricerca commissionata dalla Funzione Pubblica Cgil e condotta dal centro C.R.E.A. Sanità.
Tempi d’attesa
È la prima inchiesta a confrontare tempi e costi nell’arco di 3 anni e su un campione di oltre 26 milioni di cittadini (44% della popolazione) in Lombardia, Veneto, Lazio e Campania. Elemento emerso dall’indagine è che i tempi di attesa per una visita specialistica o un esame nella sanità pubblica sono aumentati in media di 20 e 27 giorni in 3 anni.
Ad esempio, dal 2014 a oggi, l’attesa per una visita oculistica nel pubblico è aumentata da 61 giorni a 88 (+26 giorni) e quella per una visita ortopedica da 36 giorni a 56 (+20 giorni) mentre per la stessa visita a pagamento si registravano 6 giorni di attesa.
“Emerge con evidenza come il privato riduca drasticamente i tempi di attesa per le prestazioni mediche e come anche il privato convenzionato garantisca un servizio notevolmente più rapido a quello del sistema pubblico degli ultimi anni” – i responsabili della ricerca.
L’indagine ha preso in considerazione 11 prestazioni senza esplicita indicazione di urgenza. Si va, ad esempio, da 22,6 giorni per una radiografia a una mano a 96,2 per una colonscopia. Le stesse prestazioni, se effettuate in intramoenia, registrano invece attese, rispettivamente, di 4,4 e 6,7 giorni, e nel privato di 3,3 e 10,2 giorni. Per una colonscopia nel pubblico nel 2014 avremmo dovuto attendere 69 giorni, oggi ben 96 giorni, con un aumento di 27 giorni.
È emerso in maniera chiara ciò che i cittadini da tempo lamentano, ovvero che le liste d’attesa nella sanità pubblica siano estremamente lunghe.
I Costi
In secondo luogo l’indagine ha analizzato i costi per le visite mediche.
“La spesa dei cittadini per prestazioni in intramoenia e a pagamento risultano abbastanza consistenti ma in tanti casi non molto distanti dal costo del ticket pagato nelle strutture pubbliche e private accreditate” – Federico Spandonaro, direttore del Centro Studi Crea Sanità dell’Università di Roma Tor Vergata.
Ci sono esempi simbolici come quanto constatato per le visite oculistiche. Se si opta per il privato, la ricerca ha stabilito come nel 2017 si siano spesi circa 97 euro, a fronte di una media di 98 euro per la medesima prestazione in intramoenia. Lo stesso vale per la visita ortopedica, che nel privato ha un costo di circa 103 euro contro i 106 dell”intramoenia.
Secondo la Fp Cgil, la sanità privata fa riferimento all’offerta pubblica per calibrare la propria puntando sul rapporto qualità-prezzo e accorciando, con prezzi di poco superiori al ticket, i tempi di attesa.
Appare quindi evidente che ci sono due canali: uno che dà prestazioni con tempi che non sono probabilmente problematici da un punto di vista clinico, ma sono comunque rilevanti, anche oltre 60 giorni, e quello a pagamento che offre la prestazione in una settimana.
“Una discrasia rilevante che pone il cittadino di fronte a una scelta e su questo bisognerebbe riflettere.”
Lo studio mette in luce tuttavia una grande variabilità regionale, come anche tra strutture diverse e prestazioni. E questo suggerisce, a dire dei ricercatori, una carenza di organizzazione e coordinamento nel gestire in modo efficiente la domanda.
Considerazioni
Certamente siamo di fronte ad un fenomeno complesso con diverse facce dello stesso prisma.
Da un lato i pazienti, con prenotazioni cup che non di rado prevedono liste d’attesa di dodici mesi, finiscono con il riversarsi in ambulatori al limite delle proprie capacità. Attese estenuanti che si moltiplicano, sale d’attesa colme nei giorni di visita. E non tardano nelle situazioni più difficili episodi di rabbia e l’indignazione che si ripercuote purtroppo sul personale, che vive lo stesso disagio.
Argomento ugualmente spinoso, riguarda l’attesa per gli interventi chirurgici, in tal caso le liste in diverse regioni possono arrivare anche a 2-3 mesi, laddove per pazienti oncologici o con gravi comorbilità diventa un’attesa straziante nonché fortemente dannosa per le condizioni stesse di salute.
Dall’altra parte di questa inesistente trincea, il volto degli operatori, personale il più delle volte inerme: ambulatori e strutture che si reggono sulla volontà di personale qualificato, ma spesso insufficiente o sobbarcato da molti, forse troppi impegni professionali per poter da solo smaltire tutte le visite. In altri casi assistiamo alla presenza di apparecchiature esigue rispetto al numero di richieste per esami.
Un sistema che stando alle numerose testimonianze resiste grazie all’impegno dei singoli, di chi nonostante le difficoltà cerca di offrire un servizio, ma che indubbiamente arranca con fatica nel quadro generale.
Sicuramente in molti di questi casi, sia nelle strutture ospedaliere ed ancor più nei centri universitari, l’assegnazione di ruoli ed incarichi andrebbe rivista ed ampliata a più figure professionali, affinché la Sanità pubblica possa garantire assistenza al massimo numero di individui sfruttando nel miglior modo possibile le risorse umane a disposizione.
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