Un articolo recentemente apparso su Nature ha fatto tremare le fondamenta di quella che era ad oggi un’evidenza con alle spalle due decenni di ricerca: la capacità del cervello adulto di generare nuovi neuroni.
La pubblicazione ha suscitato un acceso dibattito tra i neuroscienziati di tutto il mondo, ma a distanza di 30 giorni uno studio apparso su Cell Stem Cell sembra ritornare sui passi della concezione tradizionale.
Neurogenesi: definizione e storia
La neurogenesi è il processo tramite il quale nuovi neuroni vengono prodotti a partire da cellule staminali. Queste ultime sono cellule capaci di dare vita ad altre cellule, definite progenitrici, che intraprendono un processo di differenziazione che le porta a diventare neuroni maturi, astrociti, oligodendrociti o cellule della microglia, a seconda della strada che intraprendono.
Fin dalla sua scoperta, la neurogenesi è stata riconosciuta come un processo di vitale importanza per lo sviluppo e la maturazione del sistema nervoso durante l’embriogenesi e nei primi anni dopo la nascita, ma a partire dalla seconda metà del ‘900 i ricercatori hanno iniziato a sospettare che l’abilità di produrre nuovi neuroni non caratterizzasse solo il cervello in via di sviluppo, bensì anche quello adulto.
Le prime osservazioni di neurogenesi nel cervello adulto risalgono agli anni ’60 quando il biologo Joseph Altman dimostrò la produzione di nuovi neuroni nell’ippocampo di ratti e porcellini d’india adulti.
Tali osservazioni diedero il via a un prolifico filone di ricerca incentrato su quella che venne definita Adult Hippocampal Neurogenesis (AHN), per la prima volta osservata anche nell’uomo nel 1998 con lo studio di Gage ed Eriksson.
Tale scoperta ha gettato le basi per la formulazione di teorie che hanno visto nella AHN la possibile spiegazione di diversi importanti processi cerebrali, in primis la capacità di apprendimento e formazione di nuove memorie, nonché di processi patologici, quali la depressione e la malattia d’Alzheimer.
Inversione di rotta…
“Se la neurogenesi avviene nel cervello adulto, è comunque un evento raro. Ciò solleva questioni sul suo coinvolgimento nella riparazione cerebrale così come nella normale funzione cerebrale” -Alvarez-Buylla, UCSF
Nello studio pubblicato su Nature, i ricercatori della University of California San Francisco hanno esaminato campioni di tessuto cerebrale di 59 pazienti: 37 ottenuti post-mortem e 22 in vivo. I campioni sono stati raccolti da soggetti di età anche molto distanti tra loro, dai campioni di feti di poche settimane di vita a quelli di persone adulte, consentendo ai ricercatori di avere una panoramica il più ampia possibile sulla produzione e maturazione neuronale.
Come atteso, nei campioni provenienti dai cervelli di soggetti in età prenatale e nell’immediato periodo dopo la nascita i ricercatori hanno osservato migliaia di neuroni recentemente formati.
Ciò che ha sorpreso il team di ricerca è stato però il riscontro di un rapido declino del numero di questi neuroni durante l’infanzia, fino ad arrivare alla loro scomparsa in età adulta.
Già a 7 anni di vita il numero dei neuroni neoformati era infatti sceso di 23 volte, riducendosi di ulteriori 5 volte prima dei 13 anni e raggiungendo lo 0 una volta passati ai campioni dei cervelli adulti.
“Nei bambini abbiamo osservato che un numero significativo di nuovi neuroni continua a essere prodotto e integrato nel giro dentato, ma la neurogenesi scompare definitivamente entro l’inizio dell’adolescenza” – Mercedes Paredes, UCSF
L’assenza di neurogenesi nell’adulto, sottolineano i ricercatori, non sarebbe però da intendere in un’ottica negativa. Infatti anche altre specie animali note per il loro cervello ben sviluppato e i loro comportamenti complessi – i delfini e le balene – non presentano la AHN.
Ciò suggerisce che alla base dei più avanzati processi mentali non vi sia dunque la formazione di nuovi neuroni quanto piuttosto il mantenimento di un livello ottimale di neuroplasticità.
…o forse no?
A risultati diametralmente opposti sono però giunti i ricercatori della Columbia University di New York, guidati dalla Dottoressa Maura Boldrini.
Nel loro studio, apparso su Cell Stem Cell, i ricercatori hanno infatti dimostrato come non vi siano significative differenze nella formazione di nuovi neuroni tra soggetti giovani e soggetti anziani.
Nello studio sono stati arruolati 28 soggetti di età compresa tra i 14 e i 79 anni. Per ridurre al minimo i possibili fattori confondenti, sono stati inclusi nello studio solo persone senza una diagnosi di disturbi neuropsichiatrici e che conseguentemente non facevano uso di farmaci ad azione sul SNC.
Oggetto dello studio è stata non solo la valutazione dell’AHN al progredire dell’età, ma anche degli effetti di quest’ultima su angiogenesi e neuroplasticità.
Dai risultati è emerso che la formazione di nuovi neuroni sarebbe possibile anche in soggetti nell’ottava decade di vita, età alla quale la sede dell’AHN, il giro dentato, mantiene un volume sovrapponibile a quello dei soggetti più giovani. Ad essere invece compromessi nell’anziano sono stati l’angiogenesi e la neuroplasticità, ridotti rispetto ai cervelli meno avanti con l’età.
A fronte di questi risultati, i ricercatori della Columbia University hanno ipotizzato che sia l’eliminazione dei neuroni “datati” e la loro sostituzione garantita dall’AHN a essere alla base della capacità di apprendimento e di formazione di nuovi ricordi.
Dibattito ancora aperto
A più di mezzo secolo dalla sua scoperta la neurogenesi rimane un intricato dilemma che porta i ricercatori a schierarsi su fronti opposti.
Approfondire la conoscenza dell’AHN ha il potenziale di portare a una migliore comprensione di ciò che rende il nostro cervello unico e al contempo di svelare componenti nascoste di patologie ancora difficili da gestire quali la malattia d’Alzheimer e la depressione.
A rendere la ricerca una così ardua sfida concorrono lo studio e l’applicazione di marker che possano identificare le cellule staminali e quelle progenitrici, possibili fattori di interpretazioni distinte dei risultati e sul quale il filone di ricerca continuerà a lavorare.
Fonti | Studio Cell Stem Cell; Studio Nature