Nell’ultimo periodo la ricerca medica si è scontrata con quello che non è improprio definire un vero “dilemma”.
Sin dal primo studio pubblicato sulla tematica, si è assistito ad un continuo susseguirsi di paper sul tema, alcuni che hanno confermato i risultati della ricerca iniziale, altri che hanno smentito.
Sebbene sia impossibile (nonché impensabile) mettere la parola “fine” nel campo della ricerca scientifica, ora, grazie al più grande studio (per numerosità del campione) mai realizzato sul tema, sono stati fatti passi avanti molto importanti su un dilemma che più volte ha diviso i ricercatori: “livelli elevati di vitamina D, sono protettivi contro il carcinoma del colon-retto?”
È bene, quindi, puntualizzare chi sono i “protagonisti” coinvolti in questo dilemma scientifico.
Cancro del colon-retto
Il carcinoma del colon retto (CRC) è una neoplasia del tratto terminale del tubo digerente.
Deriva principalmente dalla trasformazione in senso maligno di polipi, protrusioni derivanti dalla proliferazione delle cellule della mucosa intestinale.
Aggredisce principalmente il retto e la porzione subito precedente, il sigma, pur non risparmiando gli altri distretti del colon.
I fattori di rischio principali sono:
- Familiarità
- Fumo di sigaretta
- Età (motivo per cui è consigliabile lo screening endoscopico verso la quinta decade)
- Malattie infiammatorie croniche intestinali (tra le quali spiccano M. di Crohn e rettocolite ulcerosa)
Per dare un’idea dell’impatto che questa neoplasia ha sulla popolazione, nei paesi occidentali il cancro del colon-retto rappresenta il tumore maligno con la più alta incidenza, secondo solo al cancro della mammella nella donna e terzo dopo quello del polmone e della prostata nell’uomo.
Secondo la American Cancer Society, solo negli Stati Uniti il cancro del colon-retto sarà la causa di circa 50.000 decessi nel 2018.
Vitamina D
Al nome di vitamina D rispondono due molecole appartenenti alla classe delle vitamine liposolubili:
- Colecalciferolo (o vitamina D3)
- Ergocalciferolo (o vitamina D2)
La prima molecola ha origine animale, mentre la seconda ha origine vegetale.
Nell’essere umano le principali fonti di vitamina D sono l’apporto tramite la dieta e l’esposizione ai raggi solari, che, grazie alla presenza dei raggi UV, inducono nella cute la trasformazione del 7-deidrocolesterolo in colecalciferolo (vitamina D3).
Attraverso una serie di processi metabolici multi-step che coinvolgono più organi, sia la D2 che la D3 vengono trasformati in Calcitriolo, la componente metabolicamente attiva.
Le funzioni della vitamina D sono molteplici e vanno dai ben noti benefici all’apparato scheletrico alla regolazione dei processi cellulari e alla prevenzione di alcune patologie.
Lo studio
Pubblicato sulle pagine del “Journal of the National Cancer Institute”, lo studio (di tipo prospettivo) è stato condotto analizzando e raggruppando i dati di 17 coorti.
Gli obiettivi dello studio erano:
- Verificare l’esistenza di un’associazione statisticamente significativa tra concentrazioni ematiche di vitamina D e minor rischio di sviluppare il cancro al colon-retto
- Stabilire se le concentrazioni di questa molecola consigliate dalle attuali linee guida per la prevenzione delle patologie dell’apparato scheletrico (stilate dalla National Academy of Medicine) fossero sufficienti per avere un’azione protettiva contro il CRC.
Il numero totale del campione comprendeva 5700 casi (individui a cui è stato diagnosticato il cancro del colon-retto) e 7100 controlli, entrambi i gruppi provenivano da differenti studi eseguiti in diverse parti del mondo.
Proprio l’elevata numerosità e variabilità del campione ha rappresentato il maggior problema: avente ogni studio un proprio criterio d’inclusione (ossia il metodo di rilevazione delle concentrazioni ematiche di vitamina D), serviva un escamotage per poter standardizzare i dati dei soggetti e calcolare le percentuali di rischio.
Per ovviare al problema i ricercatori hanno calibrato tutte le varie concentrazioni di vitamina D su un particolare metodo di dosaggio in modo da poter stimare il rischio mediante concentrazioni assolute.
I risultati
I ricercatori, dati alla mano, hanno quindi confrontato le concentrazioni medie di vitamina D nel gruppo dei casi e nel gruppo dei controlli con le attuali linee guida sulle concentrazioni consigliate (tra 62 e 50 nmol/L).
I soggetti con livelli di vitamina D inferiori ai valori consigliati (>50 nmol/L) avevano un rischio maggiore del 31% di sviluppare cancro del colon-retto.
Di contro, i soggetti con valori superiori a quelli consigliati (tra 75 e 100nmol/L) avevano un rischio minore del 22% di sviluppare CRC.
Inoltre, i risultati mantenevano valenza statisticamente significativa anche tenendo conto dei vari fattori di rischio del cancro del colon-retto.
Dai risultati di questo studio si evince quindi che elevati livelli di vitamina D possono essere protettivi contro questa neoplasia che ha un grandissimo impatto sulla nostra società.
I ricercatori, hanno inoltre puntualizzato che la maggiore riduzione del rischio si otteneva con livelli leggermente superiore a quelli consigliati dalle linee guida (e quindi oltre i 62nmol/L).
Anche se questa ricerca sposta l’ago della bilancia a favore degli studi che dimostrano un’associazione, l’estrema eterogeneità del campione e dei metodi di rilevamento della vitamina D hanno rappresentato un grosso ostacolo. Non resta che, mentre aspettiamo che la ricerca scientifica porti nuovi risultati, cercare di includere il più possibile nelle nostre abitudini questa preziosissima molecola (al momento della redazione dell’articolo siamo alla prima metà di giugno, quindi quale migliore scusa per andare a prendere il sole?).
FONTI | Circulating Vitamin D and Colorectal Cancer Risk: An International Pooling Project of 17 Cohort