Se meno di 50 anni fa il sesso del nascituro veniva ipotizzato in base alla forma della pancia materna, oggi è possibile determinarlo già dal primo trimestre di gravidanza.
Ma precisamente cosa si intende per sesso?
Il sesso genotipico è il sesso determinato dalla combinazione dei due cromosomi sessuali all’interno delle cellule fetali. Si tratta, dunque, dei noti XY per il maschio e XX per la femmina.
Questo è valutabile in gravidanza con un’accuratezza intorno al 100% grazie a tecniche diagnostiche invasive, come villocentesi, cordocentesi, amniocentesi, e non invasive come il NIPT (Non invasive prenatal test).
Il sesso fenotipico, invece, identifica le caratteristiche che assumono i caratteri sessuali sotto l’influenza degli ormoni. Sesso fenotipico e genotipico coincidono sempre, eccetto rari casi in cui il sesso espresso dai cromosomi non si traduce nel corrispettivo sviluppo dei caratteri sessuali.
Di questi, i genitali esterni (pene e scroto nel maschio, grandi labbra nella femmina) si mostrano differenziati, e valutabili, già a partire dalla fine del primo trimestre. E’, infatti, possibile fare una diagnosi di sesso accurata all’80-90% al bitest e con accuratezza maggiore alla ecografia morfologica. Alla nascita, infine, il pediatra farà diagnosi di sesso con l’esame obiettivo.
Le metodiche

Villocentesi, funicolo/cordocentesi ed amniocentesi sono le metodiche invasive attuabili rispettivamente intorno alla 10°-13°/16°-20°/15°- 20° settimana consistenti nel prelievo di una porzione di placenta, sangue fetale dal cordone ombelicale o liquido amniotico. Da questi frammenti è possibile estrarre ed analizzare cellule fetali per studiarne l’assetto cromosomico e dunque diagnosticarne, assieme a possibili patologie, il sesso. Metodiche queste che offrono una certezza diagnostica a fronte di un rischio di aborto che si aggira intorno allo 0.3-2%.
Il NIPT è, invece, una metodica piuttosto recente, eseguibile dopo la 10° settimana di gravidanza, basata sul prelievo di frammenti di DNA placentare (uguale al fetale) libero nel sangue periferico materno. Non comporta alcun rischio per la gravidanza ma presenta un’accuratezza diagnostica leggermente inferiore rispetto alle altre metodiche.
Durante l’ecografia ostetrica, invece, è possibile valutare il sesso fetale già dalla 12° settimana circa all’esecuzione del bitest. Durante questo esame, eseguito per il calcolo del rischio di sindromi cromosomiche quali la S. di Down (trisomia cromosoma 23), Edward (trisomia cromosoma 18) e Patau (trisomia cromosoma 13), è possibile osservare una prima differenziazione dei genitali esterni. A quest’epoca il tubercolo genitale in scansione sagittale è rappresentato da una linea, la cui inclinazione rispetto alla cute che riveste la zona lombosacrale suggerisce il sesso del nascituro. Anche nota come “Nub theory”, questa afferma che se l’inclinazione del tubercolo è <30° con molta probabilità il sesso sarà femminile, mentre un’inclinazione >30° gradi dello stesso farà pensare ad un sesso maschile.
Come sarà facile intuire, l’accuratezza diagnostica aumenta al crescere delle settimane gestazionali: uno studio condotto nel 2002 su 172 feti il cui sesso fu determinato ecograficamente e poi con villocentesi, dimostrò che la stima del sesso fetale ecografica aumentava dal 70.3% a 11, al 98.7% a 12 e al 100% a 13 settimane.

Circa due mesi dopo, verso la 20ima settimana, si può eseguire l’ecografia morfologica, atta a studiare la morfologia dei principali apparati fetali e ad individuarne eventuali alterazioni. A quest’epoca, il sesso fenotipico è ben caratterizzato e la sua determinazione risulta piuttosto agevole sia sul piano sagittale che trasversale.
Alla nascita, infine, il neonatologo esegue un esame obiettivo completo del neonato, analizzando nello specifico le caratteristiche dei genitali esterni e valutandone l’adeguato sviluppo.
Bibliografia