Fare il possibile per prevenire un suicidio: ecco come

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In Italia il suicidio è la seconda causa di morte tra gli adolescenti, a precederla solo gli incidenti stradali.

Sempre in Italia nel solo 2015 i decessi registrati per suicidio sono stati 3.935. Nel 2012, per esempio, sono decedute circa 2.500 persone in Italia a causa del carcinoma dell’esofago e 1.881 a causa di melanomi maligni.

L’obiettivo non è fare di questi numeri gli strumenti di una gara, non c’è competizione tra le patologie, l’obiettivo è spostare per un attimo la riflessione di chi legge su quanto il suicidio sia un tema che va affrontato tanto quanto altri, su cui dobbiamo investire risorse e tempo di confronto e di discussione affinché smetta di essere un tabù – tra i più radicati della nostra società – e diventi un problema di fronte al quale porsi quesiti e trovare soluzioni efficaci.

Si tratta di un problema di salute pubblica, di una tragedia umana che si consuma quotidianamente, spesso nell’indifferenza di molti, e su cui fare prevenzione diventa estremamente difficile se pensiamo a quanto sia stigmatizzato. Non a caso si registra un grande rifiuto e atteggiamenti di evitamento, anche tra gli operatori sanitari, in merito al tema.

Fenomenologia del suicidio

I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sottolineano che entro il 2020 si arriverà probabilmente ad oltre un milione e mezzo di morti per suicidio. Queste previsioni, quanto mai allarmanti ci costringono a condurre un’analisi del fenomeno dalla quale partire per interrogarci su come prevenirlo.

Lo psichiatra e suicidologo Maurizio Pompili in uno dei suoi libri scrive:

“Quando il tempo diventa stagnante, quando mai accade nulla che inverta il proprio stato di estrema sofferenza, il suicidio inizia ad essere un’opzione. Il soggetto vorrebbe non pensarci, ma poi disperato e sfiduciato, inizia un gioco perverso nel quale si attua un auto-ricatto che, tuttavia, è portato avanti con idee e pensieri nei quali il motivo predominante è ‘se nulla cambia mi suicido’.” – Roberto Tatarelli e Maurizio Pompili, La Prevenzione del Suicidio in Adolescenza, Alpes Italia

Inizia così una sfida con la vita in cui la conclusione a cui si potrebbe arrivare è la falsa equazione di suicidio con atto di libertà. Diventa atto attivo in una vita passiva, se vogliamo dirlo in un modo che suona come un ossimoro, il suicidio diventa l’atto attraverso cui il soggetto sceglie di salvarsi la vita.

Shneidman, psicologo americano che ha dedicato la sua intera vita alla suicidologia, coniò il termine “psychache”, “dolore della mente”, definendolo la motivazione principale che conduce al suicidio. Alleviare questo dolore diventa dunque terapia di uno stato psicologico precario di depressione profonda e prevenzione di un atto violento e definitivo come il suicidio.

Prevenire il suicidio

Sebbene sia chiaro che nella prevenzione del suicidio svolgano un ruolo centrale professionisti quali psicologi, psicoterapeuti, infermieri e medici, prevenire il suicidio è un compito di tutti.

È altresì evidente quanto scarsa sia la formazione in merito da parte dei professionisti prima, e dei cittadini comuni dopo. Complice poi la paura di agire in modo sbagliato e di peggiorare la situazione, un lecito timore che però troppe volte ci scagiona dalla responsabilità di non aver fatto nulla.

Bisogna tener conto, prima di qualsiasi altra cosa che il suicidio non è mai frutto di un elemento, come per le patologie più complesse, è il frutto di un insieme di fattori genetici, biologici, psicologici, sociali, culturali, ambientali e familiari.

Riconoscere un soggetto a rischio è il primo passo per avviare, da semplici amici o da operatori sanitari, una serie di comportamenti o trattamenti con cui prevenire il suicidio e nel caso di medici gestire il paziente.

Prima di tutto è essenziale conoscere il proprio rapporto con questo argomento. Sia che rivestiamo il ruolo di amico di infanzia, sia che rivestiamo quello di psicoterapeuta, fondamentale è sapere di non avere alcun giudizio sull’amico o sul paziente che abbiamo difronte, se infatti in qualche modo il soggetto coglie il giudizio di chi dovrebbe aiutarlo, la fisiologica conseguenza non può che essere un atteggiamento di chiusura.

Il primo passo dunque per fare qualcosa per prevenire il suicidio è capire e accettare il suicidio come un fenomeno umano, senza attribuirgli significati impropri e pregiudizievoli come ad esempio ritenerlo un peccato, un atto di debolezza o semplicemente il frutto della follia.

Ciò ha senso nell’ottica di una prevenzione primaria che miri a ridurre lo stigma sociale legato ai comportamenti suicidari. Fingere in questo caso non aiuta perché il nostro modo di comunicare svelerà la nostra sincera posizione.

Ecco perché la comunicazione è prima ancora dell’azione il cuore della prevenzione del suicidio.

Comunicazione

Come comunicare:

  • Ascoltare attentamente, con calma
  • Comprendere i sentimenti dell’altro con empatia
  • Esprimere rispetto per le opinioni e i valori della persona in crisi
  • Parlare onestamente e con semplicità
  • Esprimere la propria preoccupazione, accudimento e solidarietà
  • Concentrarsi sui sentimenti della persona in crisi

Come non comunicare

  • Interrompere troppo spesso
  • Esprimere il proprio disagio
  • Dare l’impressione di essere occupato e frettoloso
  • Dare ordini
  • Fare affermazioni intrusive o poco chiare
  • Essere troppo invasivi nel fare domande

Attenzione: molti studi hanno dimostrato che evitare l’argomento non riduce il tasso di suicidi. E’ stato osservato, infatti, che parlare liberamente di suicidio non invoglia il soggetto a commettere l’atto, anzi, apre un canale di comunicazione attraverso cui si può cercare di entrare in empatia con la persona e quindi di aiutarlo. Per anni non se ne è parlato, come se “suicidio” fosse una parolaccia, oggi scopriamo insieme e capiamo insieme che è necessario parlarne, con tutti, soprattutto con chi pensiamo possa essere a rischio.

Azione

Posti i limiti di una buona comunicazione bisogna definire i limiti entro cui si può agire, cosa si può fare davanti a un soggetto a evidente rischio di suicidio e come farlo. A colmare la difficoltà di azione dovrebbe esserci la formazione degli operatori sanitari e non, che purtroppo è profondamente carente.

Investire in campagne di prevenzione, incriminare la tendenza dei media alla spettacolarizzazione del fenomeno, costruire progetti educativi per le scuole, sono solo poche delle tante cose che si potrebbero fare.

Nell’ambito più generale della prevenzione che spetta a tutti fare sicuramente sì può:

  • Fare domande:

Porre con schiettezza e sincerità domande è il metodo più ovvio per ricavare risposte, porle con onestà e senza pregiudizi ci permette di ricevere risposte che siano veritiere e ci permettono di raccogliere più informazioni possibili con cui costruire il margine entro il quale investire il nostro aiuto.

A seconda del ruolo (amico/professionista) le domande saranno chiaramente diverse ma chiedere “come stai?”, “hai qualcuno che si prenda cura di te?”, “hai pensato alla tua morte ultimamente?” sono domande universali con cui ottenere informazioni, si può poi indagare sulla eventuale pianificazione del suicidio, sui metodi, il luogo e i tempi.

  • Offrire soluzioni:

È importante incoraggiare le persone che riteniamo a rischio a chiedere e ottenere aiuto. Questo può derivare da medici generici, psicologi, psicoterapeuti, psichiatri, assistenti sociali, servizi di salute mentale, onlus, associazioni e/o chiunque possa dare un aiuto concreto e professionale.

Allo stesso modo è importante aiutare mostrare il proprio sostegno, per esempio accompagnando la persona agli eventuali appuntamenti.

Tutto ciò può essere fatto solo se si è disposti ad accettare che l’aiuto lo si può offrire ma non si può obbligare nessuno ad accettarlo.

Una volta che il soggetto è tra le mani di professionisti gli interventi attuabili sono di diversa entità, senza escludere la possibilità di integrarli tra loro. Si può avviare un intervento psicologico di sostegno, una psicoterapia, e in alcuni casi un trattamento farmacologico con antidepressivi e stabilizzanti dell’umore,  antipsicotici e ansiolitici.

Non sempre il suicidio si può prevenire, ma spesso spesso il suicidio è preceduto da una richiesta di aiuto, sia essa fatta a un medico, a un amico o a uno sconosciuto. Noi tutti, studenti, futuri medici o semplicemente cittadini di una comunità dobbiamo acquisire gli strumenti che ci permettano di  accogliere questa sofferenza, senza farcene necessariamente carico ma riconoscendola e facendo quello che ci spetta in quanto esseri umani.

Connect, communicate, care”

Informazioni utili

Di seguito una serie di riferimenti per informarsi sul tema, per chiedere aiuto e per aiutare.

  • prevenireilsuicidio.it Centro per lo Studio e per la Prevenzione dei Disturbi dell’Umore e del Suicidio, della U.O.C. di Psichiatria dell’Ospedale Sant’Andrea – Cattedra di Psichiatria, II Facoltà di Medicina e Chirurgia della Sapienza Università di Roma. Linea PARLA CON NOI dell’Ospedale Sant’Andrea 063377.77.40 (dalle 9.30 alle 16.30)
  • http://www.telefonoamico.it Telefono Amico aiuta a superare le tensioni emotive e a far ritrovare benessere nelle relazioni personali, promuove la cultura dell’ascolto empatico come fattore di salute emozionale e di prevenzione della solitudine e del disagio emotivo. Offre un servizio anonimo, indipendente da qualsiasi ideologia politica e religiosa, nel rispetto delle idee e del disagio di chi chiama, raggiungibile attraverso il numero unico 199.284.284 (attivo dalle 10 alle 24)
  • In molte regioni/province esistono linee telefoniche attive 24ore/24 come a Trieste http://www.telefonospeciale.it che offre aiuto, informazioni, conforto, consigli e altri tipi di supporto al numero 800 510 510.

(Non esiste purtroppo una linea telefonica nazionale attiva 24/24h a cui rivolgersi per chiedere aiuto ma ci auguriamo che presto ne vengano istituite, in caso di emergenza si consiglia di chiamare comunque il numero unico 112)

FONTI | Pagina Who sul suicidio, Pagina ISS, Articolo allarme suicidi, Prevenire il suicidio 

Antonella Moschillo
Nata ad Ariano Irpino (AV) il 12 Marzo 1996, frequento la facoltà di Medicina e Chirurgia presso "La Sapienza" a Roma dopo essermi diplomata presso il Liceo Classico "P.P.Parzanese" di Ariano Irpino.