L’era degli organi on demand, ovvero il miglior risultato raggiungibile nel campo della biostampa, è ancora lontana ma i primi passi compiuti in un laboratorio dell’Università di Newcastle sono davvero promettenti. Che Connon è Professore di Ingegneria tissutale presso l’ateneo inglese e con il suo team è riuscito a realizzare la prima cornea al mondo stampata in 3D. Un’intervista a cura di Vincenzo Marra per DigitalUHealth.

Innanzitutto vorrei chiederLe quando e come è nata da un lato la passione per l’optometria, le scienze della vista e l’oftalmologia e dall’altro quella per l’ingegneria dei tessuti. Queste due passioni hanno poi prodotto i grandi risultati che tutti conosciamo.
Ho conseguito un dottorato di ricerca in Biofisica corneale presso l’Università di Oxford ed è così che è nato il mio interesse per la cornea, dal momento che il dottorato verteva sulla trasparenza corneale, l’ultrastruttura e i componenti strutturali della cornea e su come lavorare per rendere la cornea trasparente. Poi andai avanti e mi trasferii in Giappone, dove svolsi un post-dottorato in un importante laboratorio di cellule staminali corneali e imparai tutto di quel settore. Fino a quando sono tornato nel Regno Unito e ho avviato il mio laboratorio dove ho combinato queste due aree di conoscenza, ovvero la struttura della cornea e i citotipi su cui iniziare ad effettuare ingegneria tissutale. Così mi sono dedicato all’ingegneria del tessuto corneale per un po’, facendo notevoli progressi nell’arco di circa dodici anni.

Con il Suo team è riuscito a realizzare la prima cornea umana stampata in 3D. Quanto lavoro e quanti tentativi sono stati necessari per raggiungere questa rivoluzione, nonché una grande speranza per il futuro? Potrebbe spiegare come funziona questa tecnica di biostampa e cosa la differenzia in modo innovativo dalle ricerche precedenti in questo campo?
Negli ultimi vent’anni di lavoro ho imparato moltissimo sulla biologia della cornea e intendo ciò che le cellule devono processare e come funzionano correttamente, quindi in termini pratici si tratta di come estrarre le cellule, come farle proliferare, quali informazioni dar loro per riorganizzarsi in una cornea funzionale. Ci sono voluti molti anni e molte borse di ricerca per giungere all’abilità di combinare queste conoscenze con le possibilità offerte dalla stampa 3D e dall’ingegneria tissutale, arrivando così a questo punto rivoluzionario.
Ho iniziato a lavorare con la stampa 3D circa un anno fa, quindi non ci sono voluti troppi tentativi per ottimizzare il sistema. La tecnica di biostampa è una combinazione di più fasi, ovvero prendere la cornea sagomata del paziente, conoscere la struttura nella forma della cornea, creare un modello in plastica di quella forma e quindi stampare un bio-inchiostro contenente cellule stromali corneali in quel modello. Ora, alcune delle novità sono rappresentate da ciò di cui è composto il bio-inchiostro, il quale deve avere tre proprietà fondamentali: mantenere in vita le cellule, essere estrudibile, cioè essere in grado di fluire attraverso l’ago di un sistema di stampa basato su estrusione, e infine deve essere abbastanza rigido per conservare la propria forma.

Solo la combinazione di queste tre proprietà permette di avere un buon bio-inchiostro.
Il bio-inchiostro corneale che abbiamo ottimizzato si basa sull’integrazione tra collagene, che è la principale proteina strutturale della cornea, e alginato, un polisaccaride derivato dalle alghe che abbiamo sperimentato in tutti i nostri precedenti lavori di ingegneria del tessuto corneale. Il collagene fornisce alcune informazioni alle cellule nonché un po’ di stabilità strutturale, l’alginato gli permette di fluire e inoltre può essere facilmente incrociato per creare un materiale rigido quando necessario.

Alcune delle innovazioni da noi apportate si basano sulla conoscenza di ciò che è effettivamente necessario per formare una cornea funzionale, perciò nella nostra cornea 3D abbiamo incluso molti segnali chimici e fisici che spingono le cellule a comportarsi in una specifica modalità corneale, quindi le cellule reagiscono all’interno della cornea stampata e si riorganizzano per formare una cornea funzionale, che è una delle grandi innovazioni. Dunque ciò che stampiamo non è esattamente un’imitazione della cornea, che sarebbe troppo pesante per i minimi dettagli, e, visto che non lo riteniamo necessario, abbiamo identificato diversi segnali forieri di informazione che sono fondamentali per il comportamento di queste cellule al fine di imparare a comportarsi come un citotipo corneale, e questa è davvero una grande innovazione.

Quali ulteriori passi ci sono ancora da fare e quanto tempo occorrerà realisticamente prima di procedere alla sperimentazione umana e superare i noti limiti della donazione della cornea?
Bene, ci sono ancora molti passi da fare, dobbiamo capire esattamente come andremo a trapiantare questa cornea stampata in 3D, come faremo a lavorare con i chirurghi per capire come suturare in situ e come posizionarla esattamente. Ovviamente dobbiamo ancora procedere agli studi sugli animali prima di passare alla sperimentazione umana ma la buona notizia è che tutto ciò può essere fatto in un periodo di tempo relativamente breve, da due a tre anni. A quel punto, se tutto andasse secondo i piani, guarderemmo ad alcuni studi pilota di fase I.

Lei è un professore quindi conosce bene il sistema educativo, con i suoi limiti e il suo potenziale. Dal punto di vista della formazione medica, quanto pensa sia necessario avvicinare i futuri medici alla biostampa e quale sarà, secondo Lei, il suo impatto sulla medicina e sul reale miglioramento delle condizioni di salute dei pazienti?
Oh beh, penso che portare i medici in laboratorio sia un’ottima idea, specialmente nelle fasi iniziali; noi li abbiamo nel nostro laboratorio, così i medici tirocinanti che sono interessati alla ricerca vengono a condurre studi nel mio laboratorio e penso che sia una preziosa strategia educativa per incoraggiare i medici in fase iniziale a intraprendere alcune ricerche di base.

In termini di applicazione di questa tecnologia l’ideale sarebbe garantire agli esperti uno strumento di stampa così semplice da permettere loro di fare qualcosa che va ben oltre quello che farebbero normalmente, quindi in futuro inseriranno il codice di stampa scaricato da internet o prelevato da una fotocamera accanto a loro e stamperanno la cornea semplicemente premendo un pulsante; allo stesso modo la tecnica di trapianto non può essere eccessivamente complicata, deve essere semplice e riproducibile altrimenti non troverà applicazione in chirurgia. In generale, l’impatto della stampa 3D in medicina sarà enorme: la capacità di prototipare rapidamente le strutture fisiche che soddisfano le esigenze individuali in termini di dimensioni, forma e funzione sarà una cura rivoluzionaria per i pazienti.

FONTE | 3D Bioprinting of a Corneal Stroma Equivalent. Abigail Isaacson, Stephen Swioklo, Che J. Connon. Experimental Eye Research. doi: 10.1016/j.exer.2018.05.010