E’ ormai noto che l’allattamento al seno garantisca innumerevoli vantaggi per mamma e bambino, ma se del 90% delle donne italiane che comincia ad allattare al seno alla nascita, solo il 31% arriverà a 4 mesi ed il 10% oltre i 6 mesi di vita, c’è sicuramente bisogno di ribadirne l’importanza per poter auspicare a risultati migliori.
Molti sono ad oggi gli interferenti riconosciuti: dalla carenza di servizi sanitari efficaci, ad un sistema familiare e comunitario di sostegno manchevole, alle avverse politiche vigenti sul posto di lavoro nonché il marketing aggressivo dei sostituti del latte materno.
Garantire maggiori tassi di allattamento significa, però, proteggere la salute del nostro pianeta e della sua popolazione. Da tenere in considerazione, infatti, sono molteplici aspetti.
In termini di salute ambientale basti pensare che per produrre un kg di latte in polvere occorrano più di 4000 litri di acqua, mentre dal punto di vista economico il mancato allattamento è associato a perdite economiche per circa lo 0,49% del reddito nazionale lordo a livello mondiale.
Fondamentale poi il risvolto in termini di salute. Si stima, infatti, che nei paesi a basso e medio reddito, il rischio di morte nel primo anno di vita è inferiore del 21% nei bambini allattati rispetto ai bambini mai allattati. In generale, tra i vantaggi per la madre si riconoscono: il distanziare le gravidanze, un diminuito rischio di tumore mammario, ovarico e di ipertensione.
Per i bambini, invece, essere allattati al seno contrasta le malattie infettive gastrointestinali e respiratorie, i disturbi del metabolismo (diminuendo del 10% il rischio di sovrappeso e obesità e del 40% la possibilità di sviluppare diabete di tipo II), previene la malocclusione dentale, lo sviluppo di palogie degenerative e cardiovascolari nonchè accresce l’intelligenza.
Ma quello che sappiamo circa i benefici dell’allattamento al seno sembrerebbe essere solo la punta di un iceberg. Uno studio edito lo scorso settembre sulla rivista Pediatrics, condotto dal ginecologo ricercatore Barry M. Lester presso il Women & Infants Hospital’s Brown Center for the Study of Children at Risk – New England, ha dimostrato infatti come l’allattamento al seno possa modificare permanentemente la risposta del neonato allo stress. “Quello che abbiamo scoperto è che le cure materne cambiano l’attività di un gene che regola la fisiologica risposta del bambino allo stress, nello specifico il rilascio dell’ormone cortisolo ” ha spiegato il Dott. Lester. Il cortisolo è infatti l’ormone chiave della risposta allo stress: inibendo le funzioni secondarie nell’organismo, garantisce il massimo apporto energetico agli organi cosiddetti “vitali”.
Lo studio ha preso in considerazione 42 neonati sani a termine con le loro madri, di cui solo la metà allattavano al seno nei primi 5 mesi di vita. E’ stata poi misurata la loro reattività allo stress tramite il prelievo di cortisolo salivare, valutando come questo fosse influenzato dall’interazione con la madre. Nello specifico è stata evidenziata una diminuita metilazione della regione regolatoria del gene che codifica per il recettore glucocorticoide. “ In altre parole un cambio epigenetico nei bambini allattati risultante in uno stress ridotto rispetto ai bambini non allattati” (-Barry M. Lester).
L’allattamento al seno, quindi, influenzerebbe la risposta allo stress con una programmazione comportamentale della prole attuata tramite un cambiamento dell’espressione genetica. Un altro passo avanti questo nella scoperta degli innumerevoli benefici del latte materno: uno strumento prezioso a disposizione delle mamme di tutto il mondo per cambiare la salute futura loro, dei loro bambini e del pianeta intero che andrebbe sostenuto e protetto quanto più possibile.
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