“For their discovery of cancer therapy by inhibition of negative immune regulation”.
Sono James P. Allison e Tasuku Honjo i vincitori del Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia 2018 e questa è la motivazione con la quale i due ricercatori sono stati insigniti, presso il Karolinska Instituet di Stoccolma, del prestigioso riconoscimento.
Loro il merito, infatti, di aver condotto proficui studi nel campo dell’immunoterapia nella terapia antineoplastica, una branca ancora relativamente nuova nella lotta contro i tumori che, secondo le stime dell’OMS, colpiranno quest’anno ben 18 milioni di persone, causando 9 milioni di morti.
Basi dell’immunoterapia
Il sistema immunitario è dotato di specifici componenti e di sofisticati meccanismi che consentono all’organismo di mettere in atto adeguate ed efficaci risposte difensive non solo nei confronti di agenti esogeni, specie di natura infettiva (virus, batteri), ma anche contro cellule self che possono andare incontro ad una proliferazione incontrollata che dà luogo allo sviluppo neoplastico.
Le cellule tumorali riescono, però, spesso ad eludere le difese messe in campo dal sistema immunitario, sfuggendo a qualsiasi controllo. Questo è in grado, normalmente, di autoregolarsi evitando di agire in maniera eccessiva grazie a meccanismi di “freno” denominati “checkpoint immunologici”, evitando fenomeni di autoimmunità. In alcuni casi, tali freni risultano essere iperattivati, il che, al contrario, riduce la risposta immunitaria rendendo l’organismo più suscettibile a rischi esogeni ed endogeni.
Lo studio
Allison e Honjo hanno avuto la giusta intuizione: quella di studiare tali freni e di inibirli al fine di potenziare le risposte di difesa messe in atto dal sistema immunitario contro le cellule tumorali.
I primi risultati degli studi condotti dai due premi Nobel risalgono agli anni ’90, quando Allison, presso l’Università di Berkeley, identifica la proteina CTLA-4. E’ espressa sui linfociti T fungendo da freno per l’attività di tali cellule, che rappresentano l’effettore fondamentale della risposta immunitaria specifica cellulo-mediata.
Insieme al suo team di ricerca, elabora un anticorpo monoclonale diretto contro tale proteina ed ottiene i primi sorprendenti risultati dapprima su modelli animali poi su pazienti affetti da melanoma.
Tutto questo mentre Honjo, presso l’Università di Kyoto, otteneva risultati sovrapponibili studiando un’altra proteina-freno della risposta immunitaria, chiamata PD-1, e realizzando allo stesso modo un anticorpo monoclonale inibitore. Questo è risultato efficace in sperimentazioni cliniche su pazienti con melanoma, linfoma, tumori renali e polmonari.
Tali anticorpi monoclonali, così ottenuti, vengono utilizzati attualmente come “inibitori dei checkpoint immunologici” con i nomi di Ipilimumab, Nivolumab, Pembrolizumab, aventi un ampio spettro di indicazioni cliniche in campo oncologico.
Ormai la lotta contro il cancro può avvalersi non più solo dei trattamenti tradizionali (chirurgia, chemioterapia, radioterapia) ma di una nuova arma che inizia già a dare i primi importanti risultati.
Il paziente zero
“La mia prognosi era infausta: il melanoma si era diffuso e avevo metastasi in tutti gli organi vitali, fegato, polmoni e anche ai linfonodi. Avevo solo una possibilità e l’ho colta. Già fin dalla terza infusione il tumore è regredito” – Letterio Visigalli
Racconta così la sua esperienza con la malattia e con la terapia sperimentale che l’ha salvato l’ex cestista Letterio Visigalli, il paziente zero europeo trattato con l’immunoterapia sviluppata a partire dagli studi di James Allison.
Era il 2007 quando entrò nella prima sperimentazione di Ipilimumab, un anticorpo monoclonale che agisce sul sistema immunitario, stimolandolo. Indicato soprattutto nel trattamento dei pazienti affetti da melanoma avanzato (non resecabile o metastatico) negli adulti, si somministra per infusione endovenosa per un totale di 4 dosi ed è risultato finora ben tollerato ed efficace nella sua azione antitumorale.
Ipilimumab elimina il freno esercitato da CTLA-4 sul sistema immunitario, rendendo quest’ultimo in grado di eliminare il tumore.
Attualmente, l’ex cestista è diventato testimonial AIRC per la ricerca contro il cancro e si impegna per l’azienda farmaceutica che produce il farmaco rivelatosi il suo vero e proprio salvavita.
Prospettive future
Gli studi di Allison e Honjo aprono ulteriormente la strada allo sviluppo e all’applicazione dell’immunoterapia nel trattamento di un ampio gruppo di neoplasie: dal melanoma ai tumori ematologici, dalle neoplasie renali a quelle polmonari.
Si tratta di un valido strumento che può affiancarsi ed integrarsi con le terapie classiche, con un buon profilo di tollerabilità e di risposta sia su modelli animali che su sperimentazioni cliniche nell’uomo.
Il contributo dei due ricercatori premiati con il Nobel risulta prezioso e particolarmente promettente proprio perchè è stato adottato un punto di vista diverso nelle terapie oncologiche, potenzialmente rivoluzionario.
La possibilità di ottenere un’immunomodulazione e di sfruttarla per “frenare” la proliferazione incontrollata delle cellule tumorali e potenziare la risposta immunitaria contro di esse rappresenta un passo in avanti fondamentale, soprattutto se si considera che alcuni degli anticorpi monoclonali oggetto di studio vengono già ampiamenti utilizzati in alcune forme di neoplasia.
FONTI | Immunoterapia anticancro e Nobel, Ipilimumab
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