Un incidente stradale. Il camion va fuori strada e comincia a rotolare. La ragazza all’interno sbatte la testa contro il tetto dell’abitacolo e la spina dorsale viene compressa. I chirurghi non le avevano dato molta speranza che potesse camminare: un numero vicino a zero, fino ad oggi.
Un dispositivo formato da 16 elettrodi, impiantato nella schiena di alcuni pazienti paralizzati, ha permesso loro di riguadagnare il movimento delle gambe.
Inizialmente utilizzato per il controllo del dolore, questo semplice apparecchio è stato impiantato nella parte lombare della schiena dei pazienti per stimolare elettricamente il midollo spinale.
La tecnica, messa a punto al Kentucky Spinal Cord Injury Research Center all’Università di Louisville, ha permesso a due pazienti di camminare di nuovo dopo aver perso tutti i movimenti volontari al di sotto di una lesione alla schiena.
Il piccolo gruppo di pazienti presi in considerazione dai medici è costituito da persone rimaste paralizzate dopo incidenti stradali o in mountain bike.
Il midollo spinale è in grado di organizzare in maniera dettagliata l’attività motoria. Prima dell’incidente, il midollo dei paziente riceveva dei comandi dal cervello ed elaborava informazioni dall’ambiente esterno.
In seguito alla lesione, il midollo spinale ha perso la capacità di ascoltare i comandi del cervello. Ma un flebile sussurro persiste ed è potenzialmente in grado di generare un pattern motorio.
E’ qui che entra in gioco il dispositivo.
Il dispositivo
I 16 elettrodi stimolano il midollo spinale, aumentano l’eccitabilità e, quindi, la risposta ai comandi del cervello.
Quando il dispositivo è acceso, i pazienti possono muovere le dita dei piedi, mobilitare le gambe e infine camminare.
Il centro di controllo degli elettrodi è posizionato nella parete addominale, ed è possibile modificare la frequenza, l’intensità e la durata dello stimolo da remoto.
L’impianto del dispositivo unito alla fisioterapia ha permesso a due dei quattro partecipanti allo studio di camminare senza assistenza.
Esso presenta, però, delle importanti limitazioni.
Programmare l’apparecchio per dare la miglior resa richiede molto tempo: uno stimolo troppo basso non permetterebbe al midollo spinale di sentire i segnali dal cervello. Viceversa, un segnale troppo alto provocherebbe dei movimenti involontari delle gambe.
Inoltre, trattandosi di una corrente continua, lo stimolo può essere solo programmato ad una bassa intensità. Bisognerebbe trovare un modo di by-passare il sito della lesione, in modo che ci sia una più grande amplificazione del segnale.
“E’ stato come guardare i fuochi d’artificio, ma dall’interno”. Con queste parole la ragazza dell’incidente stradale ha descritto questo momento.
Possiamo solo immaginare l’emozione di quei primi passi sulle proprie gambe, dopo anni di paralisi. Nonostante il dispositivo richieda ancora sviluppo, non possiamo che gioire di questa piccola luce in fondo al tunnel.
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