Un’indagine dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano ha osservato come il 42% dei medici utilizza WhatsApp per comunicare con i propri pazienti e il 29%, pur non utilizzandolo attualmente, intende servirsi dell’app in futuro.
Il rapporto medico-paziente: una breve storia
Per rapporto medico-paziente si intende il rapporto che i due soggetti instaurano, in un contesto sanitario, a partire da uno stato di malattia del paziente per l’appunto, e che prevede diritti e doveri.
Partendo da una concezione paternalistica, dove il paziente si affidava totalmente alle capacità mediche e decisionali del medico senza che quest’ultimo avesse l’obbligo di chiedere alcun assenso, si è giunti alla “Carta dei diritti del paziente” del 1973 in cui è stato sancito il diritto del paziente ad essere parte attiva nelle decisioni terapeutiche che lo riguardano.
Si è passati quindi da un rapporto del tutto asimmetrico, in cui al medico venivano dati tutti i possibili riguardi, ad un rapporto tra pari, simmetrico. Sembra quindi semplice da capire come in questo lento ma inesorabile sviluppo dei due ruoli si sia modificata anche la comunicazione tra i due soggetti. Comunicazione, tra l’altro, che negli ultimi decenni è stata ulteriormente influenzata dai nuovi mezzi di comunicazione e dalle nuove tecnologie con effetti positivi e negativi.
“Dottore la contatto su WhatsApp appena ho i risultati degli esami!”
WhatsApp è un app di messaggistica che permette di scambiare dati e messaggi in maniera rapida e diretta con il proprio interlocutore. In una sanità sempre più congesta, quindi, questa app si mostra come una buona soluzione per ridurre il numero di visite superflue. Infatti, se pur il suo impatto in ambito clinico è stato ancora poco studiato, sempre più sono i medici che ne usufruiscono.
Pur trattandosi di un’app semplice e di comune utilizzo, come osservato da Chiara Sgarbossa, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità,
“L’utilizzo di strumenti digitali per comunicare con i propri pazienti è un segnale positivo di come i medici stiano sempre più acquisendo consapevolezza sull’importanza del digitale, che consente di rendere più veloce ed efficace lo scambio di informazioni”.
In realtà lo stesso non può dirsi in riferimento ai pazienti soprattutto se correlato all’età media della popolazione italiana e al soggetto medio che si rivolge ad un medico. In effetti, circa 7 pazienti su 10 preferiscono sempre incontrare il medico personalmente. Chi invece utilizza WhatsApp generalmente lo fa con lo scopo di fissare visite o inviare aggiornamenti sul proprio stato di salute.
Alcuni pazienti chiedono l’autorizzazione, altri decidono spontaneamente, ma anche sul versante paziente entrano in gioco fattori come la semplicità e il risparmio di tempo, oltre alla gratuità della consultazione.
Le due facce della medaglia
L’utilizzo di WhatsApp racchiude in sé numerosi vantaggi, quanto meno teoricamente. In effetti oltre a semplificare il contatto medico-paziente, per la semplicità d’uso potrebbe favorire la continuità del rapporto. Questo, ad esempio, risulterebbe particolarmente efficace ed utile in soggetti con patologie croniche che comportano cure protratte e/o ripetute ospedalizzazioni. In tal senso, quindi, facilita e rafforza il rapporto medico-paziente, tassello fondamentale nel percorso terapeutico.
Inoltre, per la sua immediatezza e possibilità di scambiare immagini e file in generale, potrebbe risultare un ottimo sostegno nei percorsi educativi (importanti nella gestione di alcuni quadri clinici come diabete, obesità, gravidanza, etc.), nella gestione dei disturbi dell’umore e non ultimo dei caregivers.
Tuttavia, se utilizzato inappropriatamente, WhatsApp include anche potenziali rischi. I pazienti infatti non hanno la stessa percezione di un medico riguardo la rilevanza di una sintomatologia. Questo possibile utilizzo smisurato della messaggistica da parte del paziente espone a due potenziali problematiche.
In primis, tale app potrebbe risultare un potenziale elemento di disturbo dell’attenzione del medico rispetto alle visite in corso. In secondo luogo, vi è la possibilità che pazienti o familiari richiedano pareri clinici e indicazioni terapeutiche attraverso WhatsApp in assenza di motivi validi di urgenza.
Questo comporta ricadute sia sul piano professionale del medico che nell’ambito della responsabilità medico-legale. In effetti, da un lato non risulta definito se il medico abbia l’obbligo di rispondere a richieste di consultazione online e in quali tempi (esponendolo a conteziosi legali) ed inoltre, interferirebbe negativamente sulla vita personale e familiare in quanto potrebbe essere contattato anche in momenti destinati al riposo.
In ultimo, ma non per importanza, vi è il problema della privacy e della sicurezza di dati sensibili.
Conclusioni
Se pur al momento non ci sono studi di efficacia in ambito clinico, WhatsApp è ad oggi uno strumento di comunicazione sempre più utilizzato da medici e pazienti. Come abbiamo potuto osservare presenta ampi margini d’impiego ma anche problematiche. Queste ultime potranno essere evitate solo con un ragionevole utilizzo da parte del medico che dovrà, a sua volta, educare il paziente nell’uso della messaggistica istantanea. Anche lo sviluppo di una regolamentazione e la creazione di un’app da utilizzare in ambito esclusivamente medico potrebbe rivelarsi una soluzione ad alcune problematiche.
Bisogna tuttavia sottolineare che mezzi di comunicazione come WhatsApp devono solo rappresentare un sostegno all’attività medica e mai sostituire le interazioni reali tra medico e paziente.
FONTI | ArticoloCorriere, Approfondimento1, Approfondimento2