I risultati preliminari di uno studio recentemente esposti al congresso annuale della American Society for Radiation Oncology (ASTRO) suggeriscono la possibilità di ridurre il declino cognitivo a cui vanno incontro i pazienti con metastasi cerebrali sottoposti a irradiazione panencefalica utilizzando una nuova tecnica che protegge l’ippocampo dalle radiazioni.
Le metastasi cerebrali
Le metastasi cerebrali rappresentano una complicanza che interessa fino al 40% dei pazienti che convivono con una diagnosi di tumore. Tra i tumori primitivi che più frequentemente danno una localizzazione secondaria al cervello si hanno i tumori della mammella, del polmone e del colon, nonché il melanoma.
Nella lotta alle metastasi cerebrali possono essere impiegate singolarmente, o più spesso in combinazione, la chemioterapia, la chirurgia e la radioterapia.
La radioterapia nelle metastasi cerebrali
Il termine radioterapia fa riferimento all’utilizzo di radiazioni ionizzanti per la cura di diverse patologie, in primis dei tumori. Scopo della radioterapia è sottoporre le cellule tumorali a una dose di radiazioni tale da provocarne la morte, bilanciando gli effetti nocivi che le radiazioni possono avere sui tessuti sani circostanti. Nella gestione delle metastasi cerebrali a seconda di diversi fattori, tra cui la radio-sensibilità delle cellule tumorali nonché il numero e le dimensioni delle lesioni, la dose totale può essere concentrata direttamente sulle metastasi (radioterapia stereotassica) o piuttosto può essere estesa a tutto il cervello (irradiazione panencefalica, in inglese Whole Brain Radiotherapy o “WBRT”).
WBRT e declino cognitivo
Sebbene la WBRT sia generalmente ben tollerata dai pazienti, non di rado si riscontrano purtroppo effetti collaterali più o meno gravi e duraturi.
Nei primi giorni di trattamento le persone sottoposte a WBRT possono andare incontro ad alopecia e dermatite localmente o a sintomi sistemici quali l’astenia, la nausea e il vomito. A impattare maggiormente sulla qualità di vita dei pazienti è però il declino cognitivo che può comparire durante le prime settimane successive al trattamento e aggravarsi nei mesi seguenti.
Attraverso l’utilizzo di molteplici test neuropsicologici diversi gruppi di ricerca hanno dimostrato come a risentire maggiormente della radioterapia siano funzioni cognitive quali la memoria e l’apprendimento, entrambe funzioni per le quali è importante il ruolo svolto da una specifica area del cervello: l’ippocampo.
Hippocampal Avoidance – Whole Brain Radiotherapy
Proprio partendo dall’evidenza che alla base dei principali sintomi neurocognitivi accusati dalle persone sottoposte a WBRT vi fosse un’alterazione delle normali funzioni dell’ippocampo, un gruppo di ricerca guidato dal Dott. Vinai Gondi ha testato in pazienti con metastasi cerebrali una forma di irradiazione che preserva le cellule ippocampali, la Hippocampal-Avoidance – Whole Brain Radiotherapy (o HA-WBRT).
Nello studio sono stati reclutati 518 pazienti con metastasi cerebrali. I pazienti sono quindi stati divisi in due gruppi di trattamento: da una parte i pazienti trattati con la WBRT in associazione alla memantina (farmaco neuroprotettivo impiegato anche nel trattamento della malattia d’Alzheimer), dall’altra i pazienti trattati con l’associazione HA-WBRT e memantina.
Dal confronto tra i due gruppi è emerso che le curve relative alle performance cognitive iniziano a separarsi a circa 3 mesi dal trattamento, rimanendo separate per il follow-up medio di 7.9 mesi. Nello specifico, i ricercatori hanno osservato nei pazienti sottoposti a HA-WBRT una riduzione del 26% del rischio relativo di declino cognitivo.
“Per i pazienti con metastasi cerebrali elegibili per la WBRT e con una sopravvivenza attesa superiore ai 4 mesi, [la HA-WBRT] dovrebbe essere considerata il trattamento standard” – Dott. Vinai Gondi
Conclusioni
Sebbene per beneficiare della HA-WBRT sia necessaria un’aspettativa di vita maggiore ai 3-4 mesi, periodo in cui le curve relative alle performance cognitive iniziano a separarsi, questa nuova tecnica potrebbe in un futuro prossimo salvaguardare la capacità di molti pazienti radiotrattati di svolgere le normali attività di ogni giorno, garantendo loro una migliore qualità di vita e un minor carico assistenziale sui loro cari.