Intervista a: Antonio Spera, Amministratore delegato di GE Healthcare Italia

A cura di: Adriano Fontanari

Come avviene il processo di sviluppo di dispositivi ex-novo a livello corporate?

In GE Healthcare, l’innovazione si basa su processi di ricerca in fisica, chimica, a livello di elettronica e di radiazioni.

Il coinvolgimento di ricercatori in diversi ambiti è un grande valore aggiunto in termini di innovazione tecnologica tout court.  Lo sviluppo di nuovi dispositivi è cambiato molto negli anni, evolvendo verso metodologie fast-work. Quest’ultime hanno l’obiettivo di ridurre in maniera significativa i tempi di go to market di nuovi prodotti senza inficiare gli aspetti di sicurezza e normativi ad essi collegati.

Nella pratica questo avviene cercando di testare sul campo il prototipo con gli utilizzatori, con procedure in vitro e in vivo (quando possibile), raccogliendo continuamente feedback sui miglioramenti da fare.

In tutto questo si deve tenere in considerazione l’importanza del contenuto digitale, ormai chiave per quanto riguarda le priorità di sviluppo prodotto. Non c’è oggi apparecchiatura, dispositivo medico (in GE Healthcare ci occupiamo di elettromedicali) che non abbia le specifiche di connettività, di immagazzinamento e condivisione di informazione di dati.

Quanto è importante il confronto con il clinico (ad esempio nello sviluppo di strumenti di imaging chirurgico)?

Confrontarsi con i clinici delle fasi di sviluppi e di test di nuovi dispositivi è fondamentale quando si parla di ricerca di base. Ad esempio il detettore di radiazione o la velocità di rotazione di una TAC sono performance tecniche che hanno sempre un contenuto clinico, specificamente diagnostico se riferito all’ambito operativo dei prodotti GE Healthcare. A volte tale contenuto può essere anche terapeutico come nel caso della chirurgia guidata da immagini ecografiche o radiologiche.

Le innovazioni sono sempre collegate ad una esigenza clinica di fare diagnosi in maniera migliore, e questo migliore significa per esempio, parlando di chirurgia, ad una migliore qualità di immagine, per vedere in maniera più accurata il campo operatorio dall’esterno.

Il confronto con il medico non riguarda meramente l’aspetto clinico ma anche di produttività dei macchinari. Disporre di un dispositivo che è più veloce nell’esecuzione di un esame consente di fare più esami (maggiore produttività, minori costi) e magari anche ridurre il danno al paziente se parliamo di radiazioni ionizzanti.

Quando il prodotto viene lanciato sul mercato, le migliorie avvengono principalmente a livello software, ad esempio sistemando eventuali bug al fine di tutelare la sicurezza del prodotto, la sua qualità e performance specifiche.

Nel caso di un impianto molto complesso, pensiamo alla risonanza magnetica, può accadere che il software di tale dispositivo, venga arricchito con nuove funzioni, ad esempio la valutazione quantitativa di un ictus e quindi la funzione di segnalazione in automatico di aree potenzialmente danneggiate del cervello. Lo sviluppo di queste nuove feature richiede un confronto costante tra le esigenze applicative del mondo clinico e il mondo dell’industria. Quest’ultima deve essere proattiva nel sapere offrire sempre più soluzioni applicative sull’installato base esistente.

Quali saranno le applicazioni della realtà virtuale e aumentata in sala operatoria nei prossimi anni?

La realtà virtuale e aumentata aprono un mondo di opportunità in ambito medico-sanitario. In tal senso, siamo solo all’inizio di un utilizzo massivo di queste tecnologie.

In GE, stiamo muovendo i primi passi in questa direzione. Ad esempio, in Italia stiamo lavorando per un progetto che prevede l’impiego di una piattaforma di realtà aumentata e virtuale a fini formativi nella radiologia interventistica. In questo progetto la partnership con il mondo clinico è cruciale per la fornitura di immagini nei formati idonei, la ricostruzione e comprensione di queste.

In radiologia interventistica attraverso delle radiazioni il clinico visualizza il campo operatorio e tramite micro-dispositivi interviene ad esempio su una vertebra piuttosto che su una piccola articolazione.

Tramite la realtà virtuale è possibile effettuare una formazione molto accurata in vitro (e non in vivo) e definire addirittura dei livelli di abilità certificando il giovane radiologo che si affaccia alla radiologia interventistica.

La realtà aumentata rende inoltre possibile l’ottimizzazione dei processi di delivery di esecuzione del servizio tecnico. Un tecnico GE può supportare a distanza l’attività di manutenzione di un macchinario indossando un visore di realtà aumentata Questo è un primo esempio di realtà aumentata che può essere utilizzata nel processo di assistenza tecnica sia ai fini interni nostri sia come servizio clienti.

Si parla molto di intelligenza artificiale e delle sue applicazioni in medicina. Quali scenari rende possibile l’AI in termini di ottimizzazioni di processi e miglioramento delle performance dei dispositivi elettromedicali?

L’intelligenza artificiale è un tema di estrema attualità, qui forse è più difficile dire che ci sia già un contributo reale fattivo da parte dell’industria e quindi anche da parte nostra.

C’è una esigenza di base innanzitutto quando parliamo di dati clinici che è il rispetto delle leggi sulla privacy.

Al netto di questo, c’è un tema di uniformità di dati. Prima di cominciare ad offrire strumenti di analisi di dati, piattaforme di business intelligence e di intelligenza artificiale bisogna far sì che i dati siano confrontabili e questo si ottiene soltanto con dei sistemi uniformi. È necessario, in tal senso, ottimizzare i processi relativi ai protocolli di esami se pensiamo alla radiologia e standardizzare le informazioni delle sale operatorie.

Questo è un primo livello che molto spesso manca a qualsiasi livello di struttura sanitaria, anche le organizzazioni sanitarie più grandi o rinomate, hanno difficoltà ad avere delle piattaforme di dati omogenei.

Fatto questo primo passo, bisogna poi, utilizzare le informazioni rispetto a degli obiettivi. Tipicamente c’è una opportunità enorme di maggiore produttività, in merito all’erogazione del servizio sanitario. Ad esempio, in una sala operatoria ci sono centinaia di parametri da considerare, riuscire a svolgere lo stesso intervento con il 10-15% di tempo in meno, comporterebbe un risparmio di costo considerevole.

Questo rappresenta un primo utilizzo di dati e di analytics, che è quello di mettere a disposizione le informazioni per ottimizzare i processi. Esiste un ambito di miglioramento clinico che si può fare attraverso l’analisi dei dati, uno su tutti è il tasso di rifacimento di un esame. Il rifacimento di un esame radiologico è evidentemente un danno al paziente perché si radiazioni ionizzanti. Esistono in commercio strumenti di intelligenza artificiale o simili che aiutano il corretto posizionamento del paziente sul lettino.

In GE Healthcare abbiamo inoltre sviluppato un sistema per monitorare la dose di radiazione che un paziente riceve durante un esame (es. TAC). Tale sistema tramite i dati raccolti e l’ottimizzazione dei processi, rende possibile una riduzione di esposizione a radiazioni tra il 15% e il 30%.

La sfida digitale è cruciale per la sanità, in GE Healthcare stiamo pertanto offrendo tutta una serie di piattaforme anche simili a sistemi operativi sul quale è possibile per i clienti sviluppare delle loro App e inserirle in una piattaforma, un po’ come avviene con iOS.

Quale messaggio desidera lasciare ai nostri lettori?

Siate appassionati in quello che fate, noi che viviamo il mondo della sanità anche dal lato dell’industria, abbiamo una missione molto belle ed etica. Ci si sveglia al mattino con una voglia in più che è quella di fare qualcosa per il nostro benessere. Siate pronti ad accettare senza timori le sfide che l’innovazione tecnologica digitale.

La macchina sostituirà mai il radiologo? No, anzi, il radiologo deve evolvere e deve usare la tecnologia per fare cure migliori ed essere più efficiente nei suoi processi.

In conclusione la tecnologia non sostituirà mai l’uomo ma diventerà sempre più indispensabile nella pratica medica di tutti i giorni.

Si ringraziano Antonio Spera (Amministratore delegato di GE Healthcare Italia) e Andrea Ravizza (Close to Media) per la disponibilità per questa intervista.