Immunoterapia per trattare i tumori cerebrali

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Il 2018 verrà ricordato dai posteri come il secolo dell’immunoterapia J.M. Allison e T.Honjo sono stati insigniti del premio Nobel per la medicina per le loro scoperte riguardo al modo in cui la down-regolazione del sistema immune (tramite inibitori di PD-1/PD-L1) possa essere un’arma vincente nel trattamento e/o cronicizzazione di molte neoplasie.

L’immunoterapia si può dire infatti essere stata “collaudata” tempo addietro nel trattamento delle neoplasie ematologiche e nel melanoma, ma pian piano si è estesa a macchia d’olio in vari campi dell’oncologia.
Poco, però si è detto – vuoi per l’infausta prognosi di molte neoplasie, vuoi per la presenza della barriera emato-encefalica – nei riguardi dei tumori cerebrali: o almeno, fino ad oggi.

Uno studio pubblicato su Nature Medicine e condotto da un team di 25 istituti di ricerca internazionale, presieduto dai ricercatori della Columbia University, ha dimostrato che la regolazione del sistema immune potrebbe essere d’aiuto nei tumori cerebrali sviluppati in una particolare patologia, la Neurofibromatosi Tipo1 (NF1).

La neurofibromatosi

La neurofibromatosi è una malattia genetica (incidenza 1/3000) a carattere ereditario causata (nel tipo 1 ) da mutazioni a carico dell’oncosoppressore NF1 che induce lo sviluppo di numerosi tumori benigni e maligni della pelle (fibromi) e del sistema nervoso (neurofibromi multipli e gliomi) , oltre ad altre manifestazioni peculiari.

I gliomi della NF1 sono tumori a prevalente crescita lenta ma, a dispetto di questo, l’attenzione dei ricercatori è stata catturata proprio da questi tipi di neoplasie per via del fatto che:

  • I gliomi hanno spesso una localizzazione peculiare (gliomi del nervo ottico) e come tale chirurgicamente sono di difficile accessibilità.
  • La chemio in questi tipi di tumore è scarsamente efficace (la lenta crescita del tumore ne è un motivo) e la radioterapia andrebbe solo a peggiorare i sintomi di base (emicranie, deficit visivi, epilessie).

Inoltre, sui gliomi che occorrono nella NF1 si sa ancora poco da un punto di vista genetico-molecolare: ed è stato infatti questo il punto di avvio dello studio.

Lo studio

I ricercatori hanno selezionato 59 pazienti affetti da NF1 con glioma, suddividendoli in pediatrici e adulti e hanno compiuto, su campioni di cellule gliomatose, una Whole Exome Sequencing (WAS) con l’obbiettivo di appurare eventuali mutazioni/delezioni/insersioni/SNP’s presenti nelle cellule neoplastiche.
Ciò che emerso è che:

  1. Il 91% dei pazienti aveva una mutazione germ-line inattivante il gene NF1
  2. I tumori potevano essere distinti sulla base delle mutazioni somatiche occorse in: tumori di alto grado, con mutazioni di ATRX associata a mutazioni di TP53 o CDKN2A e tumori di basso grado, con mutazioni nella via delle MAP-Chinasi.
  3. I tumori di alto grado sono tipici dell’adulto, mentre quelli di basso grado frequentemente pediatrici.

Da queste ricerche però, è emerso qualcosa di sorprendente in merito al trattamento immunoterapico: nella maggior parte dei gliomi infatti, la resistenza all’immunoterapia dipende dal fatto che vi è un gran numero di macrofagi polarizzati con fenotipo M2 (pro-tumorale) che impedirebbe alla terapia di attecchire.

Dagli studi condotti, è emerso invece che circa il 50% dei gliomi sia di basso grado che di alto grado esprimono un così chiamato “fenotipo immune”: sono cioè prevalentemente composti da macrofagi M1 (anti-tumorali) presentanti l’antigene e linfociti T, prevalentemente CD8+ (citolitici).
Sono proprio questi i “prototipi tumorali” ideali verso cui si può testare un’eventuale approccio immunoterapico poiché, se adeguatamente stimolate, le cellule T sono in grado di sviluppare una risposta contro le cellule neoplastiche.

Tra l’altro, i ricercatori hanno scoperto che anche alcuni tipi di gliomi che si sviluppano in pazienti senza la neurofibromatosi 1 (gliomi sporadici) esprimono lo stesso “fenotipo immune” dei gliomi di alto/basso grado (LGm6-type: cioè gliomi arricchiti di mutazioni per ATRX al pari dei gliomi di alto grado NF1+) e per questo chiamati “gliomi NF1-like” : anche questi, come i precedenti, sarebbero responsivi a trattamenti immuni.

Quindi una terapia non solo per una particolare condizione genetica, ma “universale” per innumerevoli gliomi.

Infine, gli studi condotti sui gliomi di alto grado ATRX mutati hanno dimostrato che non solo questi sono sensibili all’immunoterapia ma sono anche più sensibili allo stress genotossico poiché meno capaci di riparare il DNA a seguito di errori.

Pertanto, in questo cluster di neoplasie la chemio/radio terapia avrebbe una efficacia ancor maggiore, soprattutto poi se utilizzata in combinazione con l’immunoterapia.

Conclusioni

Tirando le somme, questo studio ci lascia 2 insegnamenti importanti:

  1. L’immunoterapia sta emergendo, progressivamente, come uno standard clinico di cura: se alla fine del 900’ si riteneva che il sistema immune ci proteggesse solo dall’influenza stagionale, ad oggi invece è considerata una delle armi più efficaci nel lungo termine per il controllo delle neoplasie.
  2. Di neoplasie non si può parlare al singolare, ma ciascun “macrogruppo” tumorale (“IL tumore della mammella, IL tumore al polmone”) contiene in se diverse varianti genetico-molecolari, che vanno studiate individualmente, perché ognuna può rispondere diversamente ai trattamenti in funzione del pattern di mutazioni possedute (vedesi i gliomi di alto grado ATRX mutati vs quelli di basso grado).

FONTI | La neurofibromatosi 1, Lo studio