L’editing del DNA in breve

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L’editing genomico è un insieme di tecniche usate per cambiare il DNA (o porzioni di esso) di una cellula, con grande precisione. È una forma di terapia genica e ha il potenziale di creare nuove classi di farmaci e terapie innovative per il trattamento sia di malattie genetiche che non.

La modifica del genoma è già entrata in diversi studi clinici e le applicazioni variano dalla correzione di malattie monogeniche al potenziamento della terapia antitumorale fino alla medicina rigenerativa cellulare.

“Le forze della natura agiscono secondo una segreta armonia che è compito dell’uomo scoprire per il bene dell’uomo stesso e la gloria del Creatore.” – Gregor Johann Mendel

Un po’ di storia tra le varie tecniche

Gli inizi

Fino al 1994, l’efficienza dell’editing del genoma in una cellula di mammiferi era bassissima (solo 1 cellula su 1 milione avrebbe avuto l’evento genico desiderato).

In quell’anno si scoprì che la creazione di una rottura del DNA in un gene bersaglio stimolava il targeting genico quando contemporaneamente veniva introdotto il DNA da inserire. Con l’ottimizzazione di questa tecnica venivano modificate fino al 5% delle cellule.

La scoperta che una specifica rottura del doppio filamento del DNA induce la riparazione è il principio fondamentale dell’editing genomico.

Questi studi utilizzavano una specifica endonucleasi, cioè un enzima che riconosce e taglia una sequenza specifica di DNA (su un sito di riconoscimento). Sono state quindi sviluppate numerose nucleasi ingegnerizzate, dalle prime meno specifiche fino alle più recenti in grado di legare uno specifico sito.

Nucleasi CRISPR-Cas9

La piattaforma di nucleasi nota come CRISPR-Cas9 è stata sviluppata da un batterio. Nell’editing del genoma, la nucleasi di Cas9 scinde il DNA dopo un cambiamento conformazionale indotto dopo il legame del gRNA al sito bersaglio del DNA.

L’enzima Cas9 più comunemente usato proviene da Streptococcus pyogenes. La molecola di gRNA può essere adattata per ottimizzare l’ibridazione con un particolare sito bersaglio del DNA e guidare così il complesso Cas9-gRNA al sito della rottura desiderata. Al contrario di altri sistemi di nucleasi, si tratta di un sistema di facile di progettazione.

NHEJ

NHEJ (Non-Homologous End Joining – Unione di capi non omologhi) è una forma di rottura del doppio filamento che non richiede una piattaforma di “riparazione”. Invece, le estremità del DNA spezzato vengono tenute in stretta prossimità, elaborate e quindi riunite. È generalmente accurato (ad un tasso di ≥70%), ma può creare errori. NHEJ (è il processo utilizzato dalle cellule del sistema immunitario per creare diversità genetica nei geni che codificano le immunoglobuline e i recettori delle cellule T (TCR).

Nel processo di legatura delle due estremità, il macchinario NHEJ può creare un piccolo inserimento o cancellazione (un “indel”) nel punto della rottura. È inoltre possibile sia l’integrazione che la rimozione di frammenti di DNA nei punti di rottura.

HDR

Ci sono due tipi meccanicamente distinti di HDR.

Nella ricombinazione omologa, un modello di DNA di donatore viene introdotto nella cellula, consentendo alla cellula di riparare una rottura con il DNA del donatore usato come modello.

Un classico modello di donatore con targeting genico ha braccia di omologia (ciascuna superiore a 400 basi) che fiancheggiano il frammento da inserire. La cellula utilizza il suo meccanismo di ricombinazione molecolare per sintetizzare nuovo DNA che è complementare al modello, e il nuovo DNA viene quindi utilizzato per correggere la rottura attraverso la ricombinazione.

Questa forma di modifica del genoma viene utilizzata naturalmente in processi come la ricombinazione meiotica.

Si possono apportare modifiche di varie dimensioni, dalle modifiche a singolo nucleotide all’inserimento multigene. I modelli dei donatori possono essere portati alla cellula bersaglio attraverso diversi mezzi, compresi i vettori virali.

Simile è la tecnica a singolo filamento, che utilizza un oligonucleotide a singolo filamento come modello dal donatore.

Applicazioni nel trattamento dell’uomo

Malattie monogeniche

Le malattie monogeniche sono malattie ereditarie dovute alla mutazione di un singolo gene, la cui sostituzione con la variante “sana” porterebbe alla scomparsa della patologia.

Centinaia di malattie genetiche del sistema ematopoietico e immunitario (come l’anemia falciforme, l’immunodeficienza combinata grave X-linked e la malattia granulomatosa cronica X-linked) potrebbero, in linea di principio, essere curate con questa tecnica. Il trattamento di alcune di queste è già stato sperimentato e diventerà sempre più oggetto di studi clinici nei prossimi anni.

Sebbene le malattie monogeniche di altri sistemi di organi possano anche essere geneticamente curate attraverso l’editing del genoma, permangono sfide, tra cui l’isolamento, l’espansione e il trapianto di cellule staminali tissutali specifiche (per la terapia ex vivo) e le strategie su come far arrivare i sistemi di modifica del genoma ai tessuti interessati (per terapia in vivo).

Immuno-oncologia

L’editing del genoma viene utilizzato negli studi clinici allo scopo di migliorare la terapia delle cellule CAR-T.

Si tratta di cellule del sistema immunitario che vengono prelevate dal paziente, geneticamente modificate in laboratorio per poter riconoscere le cellule tumorali e poi re-infuse nello stesso paziente, andando così ad aggredire il tumore.

Medicina rigenerativa

Si tratta dell’uso di cellule staminali per sostituire o ripristinare un tessuto malato, danneggiato o che invecchia.

Esempi di combinazione della medicina rigenerativa con la modifica del genoma includono l’ingegneria delle cellule per secernere fattori protettivi che impediscono la neurodegenerazione.

Purtoppo i risultati in questo campo ad ora si sono rivelati deludenti.

Biologia sintetica

La biologia sintetica implica l’ingegnerizzazione di una cella per eseguire una funzione che normalmente non ha.

È stato possibile, in selezionati modelli animali, modificare geneticamente alcune cellule per secernere proteine ​​terapeutiche, utilizzandole per influenzarne la fisiologia.

Esempi sono l’acquisizione della capacità di secernere eritropoietina (per curare varie forme di anemia) o fattori di crescita (per velocizzare ed indurre la guarigione delle ferite).

Potrebbe diventare possibile riprogrammare le cellule a dividersi, migrare, rispondere, segnalare e secernere specificamente, in modo da risultare terapeuticamente utili ai tessuti malati.

Trial clinici

Ad oggi l’editing genetico è stato testato in diversi trial clinici come terapia per emofilia B, fibrosi cistica (tipo I e II), anemia falciforme, beta-talassemia, HIV, leucemia acuta linfoblastica, leucemia acuta mieloide, HPV (papilloma virus), tumori solidi (vescica, prostata, rene), mieloma multiplo e linfomi.

Conclusioni

La modifica del genoma rappresenta una metodica innovativa per nuove terapie e farmaci e ha raggiunto oggi una grande accuratezza, nemmeno lontanamente immaginabile solo pochi anna fa. Nondimeno, è una tecnologia nascente ed è prudente applicarla dapprima in pazienti con gravi condizioni. Una volta che questo processo sarà decretato sicuro ed efficace, potrà essere presa in considerazione la sua applicazione in malattie meno gravi.

Un problema critico associato allo sviluppo di terapie di editing genetico è la sua accessibilità. Il costo di queste terapie è -e probabilmente sarà- inizialmente molto alto, ma le analisi costi-benefici, incluso il costo delle cure per tutta la vita di un paziente, potranno fornire una indicazione per il loro uso.

 

Fonti | NEJM

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Matteo Ferrari
Sono un Junior Doctor all'University Hospital of Southampton, laureato all'università di Bologna. Ho un particolare interesse in Anestesia e Rianimazione.