Lo scorso 13 febbraio l’Inps, attraverso una comunicazione tecnico-scientifica diretta a tutte le commissioni medico-legali, ha voluto evidenziare come nelle donne portatrici della mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2 vi sia un disagio su più livelli.
Suddetto documento ha quindi mostrato il razionale sulla decisione di riconoscere una percentuale d’invalidità civile alle donne portatrici delle mutazioni Brca1 e Brca2 che, seppur sane, hanno optato per la chirurgia preventiva.
Questo non è altro che il risultato di un’azione congiunta di Inps, associazione aBRCAdaBRA (associazione che rappresenta i bisogni delle persone portatrici della mutazione Brca), e la Favo (Federazione Associazioni di Volontariato in Oncologia).
Quindi ad oggi, per tutte le donne con mutazione BRCA sane che scelgono la chirurgia preventiva, sarà riconosciuta una percentuale d’invalidità civile, qualora fosse richiesta, sia per la “menomazione permanente” di tali organi sia per lo stress psichico subito secondo lo status di “handicap non grave” (legge 104, articolo 3, comma 1). Questo ovviamente porterà ad un innalzamento della percentuale d’invalidità per le donne con BRCA mutato e neoplasia in atto, che decideranno di affrontare la chirurgia preventiva per gli organi non coinvolti ancora da neoplasia.
BRCA1 e BRCA2
BRCA sta per “Breast Related Cancer Antigens” ed entrambi, sia BRCA1 che BRCA2, intervengono nel controllo del ciclo cellulare (geni oncosoppressori). Mutazioni a carico di questi due geni hanno mostrato una maggior suscettibilità allo sviluppo di neoplasie della mammella in primis ma anche ovaie e tube. In realtà, è stato visto come possano predisporre a neoplasia del pancreas e melanoma oltre che della mammella e prostata nell’uomo.
Stime mostrano come le mutazioni ereditarie di BRCA1 e BRCA2 siano responsabili solo del 5-10% di tutte le forme di cancro della mammella.
In assenza di dati nazionali certificati, proiezioni rivelano come in Italia ci siano tra i 75 e i 150 mila casi di portatori della mutazione. Bisogna tuttavia ricordare e sottolineare come la mutazione a livello dei geni BRCA indichi un aumentato rischio (tra il 40 e il 65%) e non una certezza di sviluppare un tumore del seno.
Il test genetico BRCA1/BRCA2 consiste in un semplice prelievo di sangue dal quale viene estratto il DNA e sottoposto a indagini utili ad individuare la presenza di mutazioni genetiche sui geni in questione. Il test può essere effettuato a partire dai 18 anni. Tuttavia, si consiglia di effettuarlo se vi è una storia familiare di neoplasie BRCA correlate e tra i 25-30 anni, quando il rischio di sviluppare una neoplasia legata alla mutazione inizia ad esser più concreto.
Una volta riscontrata la mutazione si possono intraprendere varie strade: sorveglianza attiva, chemio-prevenzione e chirurgia preventiva.
La chirurgia preventiva
Prevede la mastectomia bilaterale e/o l’annessiectomia bilaterale. In realtà, come sottolineano molti esperti, l’asportazione delle mammelle non azzera del tutto il rischio di sviluppare una neoplasia ma lo riduce a circa il 5% (al di sotto della media comune). La successiva ricostruzione protesica inoltre, potrebbe rendere più complessa la diagnosi precoce.
L’annessiectomia bilaterale, invece, può essere praticata o in assenza o in aggiunta alla mastectomia. Eliminando i principali produttori di estrogeni si ottiene un effetto simile a quello dei farmaci antiestrogenici. Potrebbe apparire una strategia meno invasiva poiché ha un minor impatto psicologico non modificando l’immagine corporea. In questo caso, in assenza di mastectomia, il rischio di neoplasia mammaria non si azzera ma si riduce al 25-40%. Considerando invece il cancro dell’ovaio, l’asportazione ne azzera il rischio. Tuttavia, inducendo una menopausa iatrogena è poco attuabile in donne che desiderano avere figli.
Da quanto si può quindi facilmente intuire non poche sono le conseguenze derivanti da una scelta così delicata. Conseguenze che si riflettono non solo a livello psicologico ma anche organico. Se infatti la mastectomia espone più che altro a “disagi” di natura psicologica, l’annessiectomia ha ripercussioni a livello sistemico. Infatti, inducendo una menopausa precoce, saranno presenti tutte le problematiche correlate ad essa: vampate, irritabilità, perdita della libido, secchezza vaginale, rischio elevato di osteoporosi e un aumentato rischio di patologie cardiovascolari.
Conclusioni
Sicuramente è una decisione che apre a numerose questioni etiche ma anche pratiche considerando le sempre più numerose correlazioni tra mutazioni genetiche, aumentato rischio di sviluppare una suddetta patologia e misure preventive attuabili.
“Questo documento segna un’importante innovazione nel sistema di welfare che tiene il passo con le più recenti innovazioni in campo medico e, specialmente, genetico. Ora che la via tracciata dal progresso scientifico ci porta nella direzione della medicina di precisione, i cui necessari presupposti risiedono nei test biomolecolari e genetici, le indicazioni date dall’Inps per una corretta valutazione della disabilità anche per le persone sane portatrici di un rischio genetico ma che affrontano interventi terapeutici preventivi di non poco rilievo, costituisce una vera e propria apertura di orizzonti che in futuro riguarderanno anche altri rischi di malattia diagnosticati prima dell’insorgenza della stessa”. -Elisabetta Iannelli-segretario generale Favo-
“La stesura e la divulgazione di questo importante documento a tutte le commissioni medico-legali del nostro Paese testimonia quanto sia importante che le associazioni condividano progetti rilevanti d’interesse comune attraverso un approccio inclusivo e collaborativo con le istituzioni, progetti che siano frutto di un’attenta revisione della più recente letteratura scientifica e che rappresentino un bisogno di salute molto sentito” – Ornella Campanella-Presidente di aBRCAdaBRA-
FONTI| Articolo1, Linee guida AIOM