Infiammazione cronica e resistenza all’insulina: la soluzione potrebbe arrivare dal cacao

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In una società in cui si presta sempre maggiore attenzione ai componenti degli alimenti ingeriti pochi conosceranno l’acido protocatechuico, l’epicatechina e la procianidina B2.

Eppure, da oggi ne sentiremo parlare diffusamente, un po’ come avvenuto per l’olio di palma, ma questa volta per motivi opposti e assolutamente positivi: parliamo,infatti, di tre sostanze chimiche bioattive benefiche che si trovano soprattutto nel cacao, caffè e tè verde, vale a dire in alimenti largamente familiari nelle tipiche diete occidentali e a maggior ragione in quella mediterranea.

In particolare,  la loro concentrazione risulta essere molto alta nei gusci del cacao, cacao del quale da sempre si indaga (e spesso si specula) riguardo potenziali effetti benefici sulla salute di coloro che lo consumano regolarmente: senza dubbio siamo di fronte ad un alimento con un elevatissimo potere antiossidante.

I ricercatori dell’Università dell’Illinois hanno provato ad indagare per la prima volta le potenziali capacità antinfiammatorie e insulino-sensibilizzanti del cacao in virtù della sua ricchezza in acido protocatechuico, epicatechina e procianidina B2: in particolare, lo studio è stato portato avanti creando un estratto a base acquosa contenente questi composti e testando i suoi effetti su adipociti e macrofagi di cavie murine.

Grazie ad avanzate tecniche bioinformatiche è stato anche possibile analizzare l’impatto che ciascuno dei composti fenolici aveva sulle singole cellule: in particolare, gli scienziati erano interessati ad osservare se i composti fenolici in questione riuscissero a modulare l’attività pro infiammatoria dei macrofagi e a invertire la degenerazione mitocondriale negli adipociti bianchi.

Infatti, i mitocondri, centro di produzione di energia della cellula, possono essere danneggiati da un aumento eccessivo del Ca++ intracellulare, dalla carenza di ossigeno oppure dall’eccessiva formazione di specie radicaliche, tutte situazioni queste che si possono verificare in condizioni infiammatorie o di squilibrio nel metabolismo glucidico/lipidico.

Qualunque sia il danno mitocondriale, se questo è sufficientemente grave porta alla formazione del poro di transizione di permeabilità mitocondriale, ovvero un canale di membrana che causa la perdita del potenziale di membrana compromettendo la fosforilazione ossidativa: se viene interessato un numero cospicuo di mitocondri la cellula va incontro a morte per apoptosi in seguito all’attivazione delle caspasi.

Quello che gli scienziati hanno osservato nel corso dell’esperimento, i cui risultati sono stati pubblicati di recente sulla rivista Molecular Nutrition and Food Research, è che negli adipociti trattati con l’estratto acquoso contenente i tre composti fenolici, i mitocondri danneggiati sono stati riparati e meno grasso si è accumulato negli adipociti stessi, bloccando l’infiammazione e ripristinando la sensibilità all’insulina delle cellule.

Ma qual è il legame tra accumulo di grasso, infiammazione e sensibilità all’insulina?

Quando gli adipociti accumulano troppo grasso sottoforma di trigliceridi di riserva (in virtù di un apporto calorico maggiore del consumo del soggetto) promuovono la crescita dei macrofagi: adipociti e macrofagi interagiscono e secernono in concerto citochine proinfiammatorie (il tessuto adiposo non è assolutamente un mero magazzino energetico, anzi ha un ruolo secretorio molto attivo!). Nel corso del tempo, questa infiammazione cronica compromette la capacità delle cellule di assumere glucosio, portando ad insulino-resistenza e alla possibile evoluzione in diabete di tipo 2.

Molto interessante è stata anche l’osservazione del fenomeno di browning: quando gli scienziati hanno trattato gli adipociti con i composti fenolici presenti nell’estratto queste si sono differenziate in una forma specializzata di tessuto adiposo con un maggior numero di mitocondri e una maggiore efficienza nella combustione dei grassi e quindi nella utilizzazione dell’energia: il tessuto adiposo beige.

PROSPETTIVE FUTURE

Ovviamente è necessario approfondire le ricerche valutando la possibilità di estendere i risultati ottenuti e i dati raccolti anche nell’uomo. Se così fosse, considerando che i gusci di cacao sono un sottoprodotto di scarto (più di 700.000 tonnellate di gusci vengono gettati ogni anno!) generato durante la produzione di cioccolato sarebbe assolutamente auspicabile incentivare la lavorazione dei gusci per estrarre acido protocatechuico, epicatechina e procianidina B2: oltre a fornire ai produttori di cacao un altro potenziale flusso di entrate (aspetto scientificamente marginale) i composti fenolici potrebbero essere aggiunti a cibi o bevande per aumentare il valore nutrizionale dei prodotti con l’obiettivo di combattere il progressivo aumento in prevalenza dell’insulina resistenza con tutti i benefici del caso, anche per quelle fasce di età un tempo estranee a tali problemi e che invece oggi sono costrette a fronteggiare lo spettro del diabete fin da giovane età.

FONTE:Articolo

Alessandro Savo Sardaro
Redazione | Università Degli Studi di Roma Tor Vergata VI anno corso di laurea in Medicina e Chirurgia “Choose a job that you love and you will never have to work a day in your life”.