Piccolissima guida (non troppo convenzionale) alla diagnostica per immagini – parte 1

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Quasi tutti noi, ad un certo punto, siamo stati sottoposti ad uno o più esami che prevedessero l’acquisizione di immagini che aiutassero il clinico a capire la patologia ed eventualmente fare diagnosi. RX, ECO, ECD, TAC, RMN, PET: una marea di sigle che poco aiutano a capire a cosa ci stiamo sottoponendo, cosa sia possibile vedere, cosa aspettarsi.

In questo due articoli cercheremo di individuare alcuni semplici principi e di capire perché il vostro medico vi abbia fatto fare proprio la lastra per quella polmonite.

Premettiamo due cose:

  • Ogni indagine strumentale ha i suoi pro e contro ed è più o meno indicata per una certa patologia: ad esempio è inverosimile che un cardiologo prescriva una TAC per vedere il movimento di apertura e chiusura delle valvole cardiache, molto meglio un ecocolor doppler perché è decisamente più informativo, veloce e non espone a radiazioni ionizzanti;
  • l’esame diagnostico perfetto in tutte le situazioni, purtroppo, non esiste e qualche volta bisogna passare per una lunga sequela di indagini per capirci qualcosa, con buona pace del paziente e del sistema sanitario.

Detto ciò, cominciamo!

Radiografia a raggi X (RX)

Si basa sull’utilizzo di raggi X, così chiamati dallo scopritore Wilhelm Röntgen; sono onde elettromagnetiche di frequenza piccolissima (tra 10 nanometri ed 1 picometro circa) e molto energetici, capaci di interagire con la materia in base tre effetti fisici, chiamati:

  • diffusione;
  • effetto Compton;
  • effetto fotoelettrico.

Ognuno di questi effetti ha un suo ruolo, ma il risultato finale prevede che le radiazioni emesse da un’opportuna fonte (chiamata tubo radiogeno), vengano più o meno attenuate quando incontrano un materiale. Tanto più il tessuto è denso e spesso, tanto più vengono assorbite e trattenute, impedendo che vengano rilevate dai sensori, che rispondono restituendo:

  • immagine nera, se la radiazione colpisce il rilevatore liberamente, cioè senza perdita di energia (radiotrasparenza);
  • immagine in scala di grigi se la radiazione viene attenuata un po’
  • immagine bianca se viene assorbita completamente (radiopacità)

Ad esempio, il polmone, che ha un grande contenuto aereo, appare quasi del tutto nero perché le radiazioni lo attraversano in massima parte senza essere intercettate, mentre le ossa, che sono molto dense, appaiono prevalentemente bianche.

RX del torace in proiezione antero-posteriore e latero-laterale: da notare l’addensamento cerchiato in rosso.

 

Possiamo dire quindi che la radiografia è buona per valutare strutture con grande differenza di densità e spessore, per questo viene estesamente impiegata nella valutazione del torace, in particolare polmoniti lobari, a causa del liquido denso che riempie gli alveoli in quei frangenti, ma anche artrosi dell’anca, fratture, valutazione dei difetti dell’osso, studio dell’esofago, di alcune patologie addominali e così via.

e le radiazioni?

“Sì ma ci sono le radiazioni e fanno male!”

Verissimo, però bisogna sempre considerare la quantità assorbita e la frequenza con cui ci si sottopone.

Normalmente un esame del torace espone a circa 0.02mSv, una mammografia inferiore a 1mSv, dove Sv indica il Sievert, l’unità di misura della dose equivalente di radiazioni, in pratica un indicatore indiretto della pericolosità.

Per avere un’idea di quanto sia insignificante, si pensi che durante un anno di vita si viene esposti in media a 3 mSv e che per avere un qualche effetto biologico bisogna essere esposti ad almeno 1Sv, cioè 333 volte tanto, tutto insieme ed a brevissima distanza di tempo.

Proprio per questo motivo, i medici radiologi e i tecnici sono sempre ben schermati quando eseguono l’esame; non tanto perché il singolo test sia pericoloso in sé, quanto per il fatto di eseguirne una grande quantità tutti i giorni, tutto il giorno.

Per quanto riguarda la questione del rischio di sviluppare il cancro, la comunità scientifica è concorde nel ritenere che a basse dosi, cioè quelle comunemente utilizzate, la probabilità di malattia sia assai bassa, tanto più piccola quanto più è ridotta la dose assorbita.

Finora, però, mi sembra tutto molto convenzionale

Per i più curiosi, ecco qua un paio di link (uno e due) per vedere alcune radiografie di oggetti che si trovano “in posti dove non dovrebbero essere!“. Vi diamo un piccolo spoiler:

Ecografia (ECO)

Sull’ecografia si potrebbe scrivere all’infinito, dato che ne esistono tante varianti, ma il principio cardine su cui si basa è quello della riflessione delle onde, in base al quale un’onda con una certa frequenza (generalmente compresa tra 2 e 20Hz) che incida su una superficie viene in parte assorbita, producendo calore, ed in parte riflessa, verso la sorgente, dopo un certo tempo.

Le caratteristiche dell’onda di ritorno possono modificarsi in questo passaggio e, in combinazione con l’intervallo temporale, vengono sfruttate per capire se ci sono differenze tra un tessuto e l’altro, dato che materiali diversi rispondono in maniera differente (si dice che hanno diversa impedenza acustica), per questo è molto utile anche per esaminare tessuti molli e/o riempiti di liquido (ad esempio la vescica).

L’ecografia è uno degli esami più dinamici che esistano, perché permettono di vedere non solo l’anatomia interna degli organi, ma anche di capire la potenziale benignità o malignità delle lesioni -da sola o con l’aiuto di mezzi di contrasto-, ma anche il movimento del sangue (con l’uso di una variante chiamata eco-doppler) e nel caso del cuore pure la contrazione.

È un esame non invasivo, molto semplice da effettuare, senza controindicazioni ed immediatamente informativo, per cui non stupisce che se ne faccia un così largo uso, specialmente nello studio dei vasi e delle strutture più superficiali, come il cuore, la tiroide, il rene, il fegato, la milza ma anche dei visceri più profondi: basta montare la sonda su un supporto flessibile ed ecco che si possono esplorare anche l’ovaio e l’esofago, tanto per citarne un paio.

Durante la gravidanza, l’ecografia diventa un preziosissimo alleato, dato che permette di valutare i movimenti, le posizioni, la conformazione del feto senza l’impiego di radiazioni potenzialmente pericolose.

Purtroppo non è tutto oro ciò che luccica, perché, pur essendo fantastica, l’ecografia:

  • non è molto sensibile nel capire la conformazione di strutture molto piccole o molto complesse (come l’encefalo);
  • nel valutare l’addome di pazienti molto obesi, nei quali lo stato di adipe smorza gli ultrasuoni o in caso di addomi “meteorici”.
  • non è applicabile nello studio delle ossa, essendo troppo dense;
  • dipende dalla maestria di chi la usa (operatore dipendente)

Nel prossimo articolo, vedremo alcune nozioni e curiosità sulla Risonanza magnetica (RM) e sulla Tomografia assiale computerizzata (TAC), le superstar della radiologia!

 

FONTI| Manuale di diagnostica per immagini – Torricelli, Mignani, Zompatori (società editrice Esculapio, 2014)

Andrea Tagliolini
Sono studente di medicina al 6° anno presso l'Università degli studi di Perugia. Il mio mantra di vita è una frase di Richard Feynman, il noto fisico: "Il primo principio è che non devi ingannare te stesso e te sei la persona più facile da ingannare".