I cristalli di Charcot-Leyden come nuovo bersaglio terapeutico nell’asma allergico?

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Un breve articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine, alla sezione “Implicazioni cliniche della ricerca di base”, a cura di due medici della University of California, ha tentato di ricostruire lo stato delle nostre conoscenze attuali sui cristalli di Charcot-Leyden ed il loro ruolo non solo nella patogenesi dell’asma allergica, ma anche come possibile bersaglio terapeutico, dimostrando ancora una volta il legame indissolubile tra ricerca sperimentale e clinica.

Asma

L’asma allergico estrinseco è una malattia infiammatoria cronica dei bronchi, caratterizzata, tra gli altri, da quattro sintomi: dispnea (difficoltà a respirare correttamente, “fame d’aria”), tosse stizzosa, sibili principalmente espiratori all’auscultazione e senso di costrizione toracica. Essendo di natura allergica, chi è portatore di asma cronico può andare in contro a vere e proprie “crisi asmatiche” al contatto, anche accidentale, con l’antigene, ovvero la sostanza verso cui si è ipersensibili, a causa della risposta che gli eosinofili ed i mastociti sono in grado di generare; la reazione può essere tanto importante da essere capace di portare anche al decesso nei casi più sfortunati ed in assenza di terapia specifica acuta.

Cristalli di Charcot-Leyden

Sono degli aggregati strutturati di materiale proteinaceo che si produce nei bronchi a seguito della risposta immunitaria mediata da eosinofili e basofili. E’ possibile ritrovarli nell’escreato di soggetti con crisi asmatiche acute, assieme alle spirali di Curschmann.

Allo stato attuale, conosciamo piuttosto bene le caratteristiche di questi cristalli, in particolare sappiamo che:

  • sono composti principalmente da galactina-10, una glicoproteina della famiglia delle lectine, presente negli eosinofili e nei basofili, di cui esistono varie isoforme;
  • la galactina-10 è molto rapida a cristallizzare sia all’interno della cellula che all’esterno

Cosa si è scoperto?

Grazie al lavoro di Persson e colleghi, non implicati nella stesura dell’articolo ma citati dagli autori, si è potuto capire come le componenti base di queste strutture abbiano la capacità di evocare una risposta immunitaria solo quando sono nella forma cristallina, che è possibile esclusivamenrte quando è presente un residuo tirosinico, Tyr69; tale aminoacido, infatti, contiene un anello aromatico che ne permette la polimerizzazione, chiamato “crystal-packing hotspot”. Per confermare l’ipotesi, si sono utilizzati dei particolati anticorpi, chiamati IgG, diretti proprio contro la tirosina in questione e si è visto che i cristalli neoformati tendevano a dissolversi nei monomeri costituenti. Il medesimo effetto si otteneva anche esponendo la sostanza a nanocorpi di lama, ovvero degli anticorpi molto particolari costituiti solo da catene pesanti (heavy chains), che per la loro dimensione potrebbero essere potenziali molecole terapeutiche inalabili.

Le implicazioni terapeutiche

Tutto ciò ha una grande potenzialità terapeutica, perché se è vero che parte della risposta immunitaria, e quindi dei sintomi, derivano dalla presenza dei cristalli di Charcot-Leyden, come dimostrato su modello murino, allora è vero anche che, inibendone la formazione, ci si può aspettare una diminuzione della risposta patologica all’antigene. In aggiunta, la riduzione della quantità di sostanze solide disperse nel muco contribuirebbe ad una maggiore fluidità dello stesso, aiutandone la rimozione attraverso le cellule della “scala muco-ciliare”, un meccanismo di difesa indispensabile per allontanare antigeni, batteri, virus e particolato in ingresso nelle vie aeree.

I pazienti che potrebbero beneficiare di un’eventuale terapia con anticorpi anti-Tyr69 sono coloro i quali:

  • soffrano di una condizione di arma cronico con frequenti recidive acute,
  • abbiano una poliposi nasale con rinosinusite cronica, che si è visto essere fortemente associata alla presenza dei cristalli

Oltre a loro, vi sarebbe anche una categoria di pazienti che non risponde adeguatamente ai trattamenti convenzionali diretti contro gli eosinofili, una misura che dovrebbe, di per sé, ridurre la quantità di cristalli totali; la spiegazione dei ricercatori è che la produzione dei composti cristallini sarebbe appannaggio anche dei basofili, un’altra classe di cellule dell’immunità implicata nella risposta da ipersensibilità ritardata. Sono chiaramente necessari altri studi a conferma di queste prime osservazioni, ma le prime evidenze sono assolutamente promettenti.

FONTI| Kumar, Abbas, Aster “Robbins and Cotran, Pathologic bases of diseases”, 9 edition; articolo NEJM

Andrea Tagliolini
Sono studente di medicina al 6° anno presso l'Università degli studi di Perugia. Il mio mantra di vita è una frase di Richard Feynman, il noto fisico: "Il primo principio è che non devi ingannare te stesso e te sei la persona più facile da ingannare".