Il 17 Settembre 2019 ha avuto luogo la prima giornata mondiale per la sicurezza del paziente. Non solo un tributo ma anche un monito, in effetti. Non basta solo curare, bisogna anche saper prendersi cura.
Ogni giorno, nel mondo, migliaia di pazienti sono messi a rischio da condizioni di insicurezza, disattenzione o perfino negligenza. La verità è che un buon sistema sanitario non dovrebbe garantire solo cure e guarigione, ma anche, e soprattutto, protezione.
Una celebrazione giustificata
The Lancet, che nel numero della settimana appena passata ha dedicato un editoriale all’argomento, riporta i dati dell’OMS Organizzazione Mondiale della Sanità. Sono numeri impressionanti: nei paesi a medio e basso reddito sono circa 134 milioni gli eventi avversi (per la salute dei pazienti) attribuibili direttamente a cure inadeguate.
Nel grosso calderone degli eventi avversi chiaramente finisce di tutto: infezioni acquisite in ospedale, errori medici, diagnosi sbagliate. E sono 2,6 milioni le morti evitabili causate da queste falle nel sistema.
Una confusione di troppo
Questi dati aggregati andrebbero ponderati perchè rischiano di provocare una confusione inutile: quella fra mala-sanità e mala-medicina. La scienza medica, all’interno del suo alveo di conoscenze e certezze, rimane un prodotto umano. Un ragionamento medico, in quanto umano, è di per sé perfettibile, non perfetto, anche se tutto si è svolto con la massima cura per il paziente.
La mala-sanità è invece altro. È l’incapacità strutturale di proteggere il paziente, non per un errore di scienza, quanto invece per negligenze, carenze, incompetenza. Ed è la ragione per cui, nel mondo, il rischio di morte per un incidente medico prevenibile è pari a 1 su 300.
Quanto incide tutto ciò
Secondo i dati presentati dall’OMS, in effetti, un paziente su 10 ha subito un danno durante la presa in carico ospedaliera. Il valore finanziario di questi eventi, di per sé prevenibili, è talmente importante da incidere per il 15% delle spese di ogni struttura ospedaliera. Questo secondo studi condotti sui paesi dell’OECD, organizzazione di studi economici che raccoglie paesi accomunati da un’economia di mercato- fra i quali c’è anche l’Italia.
I più comuni eventi in ambiente ospedaliero sono trombi (tromboembolismo venoso), piaghe (ulcere da decubito) e, naturalmente, le infezioni. Tutti danni accomunati dall’essere ampiamente prevenibili.
I dati imprescindibili
Vista l’importanza di questo tema dovremmo tenere a mente questi 5 dati:
- Una spesa evitabile: se non fosse già abbastanza chiaro, la negligenza costa. E tra l’altro, a tutti, soprattutto in Italia, dove il Sistema Sanitario è finanziato secondo una solida struttura redistributiva. Per esempio, è calcolato che per ogni 7 dollari canadesi, 1 viene usato per trattare un danno prevenibile occorso durante la presa in carico del paziente. E si conta che nei soli paesi aderenti all’OECD questo tipo di danni costi qualcosa come un miliardo di dollari all’anno.
- Un risparmio enorme: diretta conseguenza di queste spese è che l’investimento in termini di sicurezza del paziente può condurre a grossi risparmi per la sanità (leggi società). Questo perché il costo del trattamento del danno è tipicamente minore dei costi per prevenirlo. Negli USA, per esempio, migliorie focalizzate sulla prevenzione del danno al paziente in ospedali del circuito Medicare hanno portato ad un risparmio, fra il 2010 e 2015, pari a 28 milioni di dollari. Mica male. E l’engagement del paziente è fondamentale: da solo contribuisce a ridurre i danni fino al 15%.
- La mala sanità: i costi di errori medici come dosaggi e infusioni scorrette, uso di abbreviazioni mal interpretate e prescrizioni sbagliate costa annualmente 42 milioni di dollari. È almeno l’1% della spesa sanitaria mondiale. Per non parlare delle disabilità evitabili, o perfino morti. Per ovviare a tutto questo, danni e perdite, un primo e fondamentale passo è predisporre un ambiente adeguato proprio per il medico. Perché all’origine degli errori medici ci sono fatica, pessime condizioni lavorative, tagli del personale, ristrettezze. E’ un circolo virtuoso: tutelate i medici, e tutelerete anche i pazienti.
- Infezioni su infezioni: nei paesi ad alto reddito, come il nostro, ogni 100 pazienti ospedalizzati ben 7 si ammaleranno per un’infezione di origine ospedaliera. Il numero è più alto, ma non di molto, nei paesi a medio e basso reddito (10 pazienti ogni 100). Persone che si infettano con MRSA (una forma particolarmente resistente di Staphylococcus aureus) moriranno 64% più facilmente di persone infettate da forme non resistenti alle terapie. E basterebbe così poco per evitarlo: già una corretta igiene delle mani permette di ridurre le infezioni ospedaliere del 55%, più della metà. Le mani, sempre.
- Tanti errori diagnostici: un errore diagnostico, cioè il fallimento nell’identificare la natura di una malattia in modo accurato e nei tempi più adeguati, ha coinvolto circa il 5% degli adulti americani. Metà di questi poteva condurre a danno grave. Sempre negli Stati Uniti studi estensivi su reperti autoptici hanno dimostrato che gli errori diagnostici contribuiscono per la morte di 1 paziente ogni 10. Sempre le evidenze confermano eventuali sospetti: nei paesi ad alto reddito queste cifre sono influenzate da un accesso alle cure limitato per il paziente (che si presenta tardi all’attenzione medica) e risorse deficitarie per i test diagnostici. Un invito alla responsabilità professionale, ma anche all’attenzione politica.
Questi i dati. Se poi il nuovo governo volesse prendere spunto per incanalare in maniera sempre più adeguata e oculata le spese, noi, Ministro Speranza, saremmo solo che contenti.
FONTI| articolo TheLancet; WHO ; WHO fact file