Aprile 2020, il mondo scientifico chiama a raccolta tutte le proprie competenze per capire SARS-Cov2. Eppure sulle pagine delle principali testate medico scientifiche fanno capolino anche studi differenti, per esempio, a proposito delle morti associate all’uso della sigaretta elettronica. Perchè sì, ci sono novità.

Cosa sapevamo già

La sigaretta elettronica è stata introdotta nel mercato intorno al 2007, conquistando poi un’ampia fetta di mercato. Gli aerosol generati dalla sigaretta elettronica e dai prodotti per “svapare” contengono nicotina, aromi e additivi.

Ma possono essere aggiunte anche altre sostanze, come tetraidrocannabinolo (THC), il principale componente della cannabis, e il cannabidiolo.

Da Agosto 2019 i CDC (Centers for Disease Control and Prevention) sono impegnati a indagare un’epidemia di EVALI (eCigarette, or Vaping product use-Associated Lung Injury) ovvero danno polmonare da sigaretta elettronica – ne avevamo parlato qui.

Molti dei pazienti ospedalizzati con EVALI ha riportato l’uso di prodotti contententi THC e vitamina E acetato, ma, fino allo studio proposto da NEJM New England Journal of Medicine questa settimana, ancora mancava un’indagine abbastanza ampia per stratificare i rischi e produrre evidenze forti, utili per il clinico.

I numeri del “polmone da svapo”

Sono 2558 i casi non fatali di pazienti ospedalizzati con EVALI in 50 Stati analizzati nello studio, 60 i casi fatali registrati in 27 Stati americani.

Le differenze e affinità fra i due gruppi sono interessanti.

Il 53% dei pazienti deceduti era di sesso maschile, con un’età mediana di 51 anni. Mentre i pazienti sopravvissuti erano di sesso maschile nel 67% dei casi, ma più giovani: l’età mediana era di 24 anni.

Il 67% dei pazienti deceduti e il 79% dei pazienti sopravvissuti ha riferito l’uso non esclusivo di prodotti contenenti THC.

Fra i pazienti deceduti dopo l’ospedalizzazione i rilievi più frequenti sono risultati essere l’ipossia e la leucocitosi (sopra le 11’000 cellule per millimetro cubo) a predominanza di neutrofili. Metà circa inoltre presentava tachicardia e tachipnea.

Esiste il paziente tipo?

Per esemplificare, gli autori dello studio pubblicato questo 23 Aprile da NEJM hanno riportato alcuni piccoli case-report di pazienti deceduti di EVALI: ne riportiamo qui due, particolarmente indicativi.

Sono uno strumento utile: i casi raccolgono le caratteristiche più comuni dei decessi correlati a uso di sigarette elettroniche.

  • Il paziente con malattie pregresse

Il signor A. si presenta con una storia di asma, BPCO, obesità, scompenso cardiaco. Riporta l’uso di sigaretta elettronica sia per prodotti a base di nicotina che per prodotti contenenti TCH e cannabidiolo. Viene condotto in ospedale dopo 8 giorni dai primi sintomi, per l’aggravarsi del distress respiratorio. Dopo una terapia con antibiotici ad ampio spettro, diuretici, farmaci broncodilatatori, glucocorticoidi sistemici, viene iniziata la ventilazione non invasiva. In 48 ore il paziente sviluppa ARDS (Acute Respiratoy Distress Syndrome): viene deciso di intubare il paziente e procedere con la ventilazione meccanica. Il paziente viene pronato, ma nonostante tutto l’ossigenazione e la ventilazione rimangono difficoltose. Decede dopo 21 giorni di ospedalizzazione.

  • Il paziente con recrudescenza dei sintomi

Il signor B. si reca in più punti di assistenza dove viene trattato, sulla base dei sintomi, come una polmonite comunitaria. Viene anche ospedalizzato, dove viene trattato per il distress respiratorio e la febbre. Dimesso, tornato a casa presenta nausea, vomito, malessere, fino a diventare incontattabile. Ricondotto in ospedale, decede poche ore dopo. I parenti fanno sapere che il signor B. faceva uso di sigaretta elettronica e prodotti contenenti THC.

Qualcosa da ricordare

In linea coi risultati precedenti, la maggior parte dei pazienti deceduta ha riportato l’utilizzo di prodotti per vaporizzatori e sigarette elettroniche a base di THC. Fra i casi fatali, mediamente di età più avanzata, alcuni hanno inoltre riportato sintomi di natura gastro intestinale.

EVALI, perciò, dovrebbe essere sospettato sulla base di sintomi respiratori, o gastrointestinali, o quando sono presenti entrambi.

Fondamentale è la comunicazione – i pazienti possono sentirsi giudicati quando ammettono l’uso di sostanze come prodotti a base di TCH. Questo può ritardare i trattamenti del caso.

La terapia, secondo gli autori, si basa sull’uso di glucocorticoidi: ma solo dopo l’esclusione di ogni possibile infezione che metta a rischio la vita, influenza in primis.

Di fatto, conclude lo studio, la terapia a base di glucocorticoidi andrebbe iniziata quando hanno fallito gli antibiotici ed il supporto ventilatorio.  

Passata in secondo piano dopo aver occupato le prime pagine dei giornali, l’outbreak causato dall’utilizzo di sigarette elettroniche e vaporizzatori ha potenzialità importanti. Sia per la fetta di popolazione che coinvolge, sia perché, ora più che mai, una corretta diagnosi e l’onestà nel rapporto medico paziente, può fare la differenza.

FONTI| articolo NEJM; editoriale

Davide Dionisi
Nato il 5/09/1994, frequento la facoltà di Medicina e Chirurgia all'università Statale di Milano. Sono appassionato tanto di medicina quanto di attualità e tematiche sociali.