Il 3 giugno sono stati pubblicati su jamatework.com i risultati del primo trial clinico randomizzato che ha valutato l’efficacia del plasma di soggetti convalescenti addizionato alle terapie standard nel trattamento di pazienti affetti da forme gravi di COVID-19. I ricercatori hanno concluso che non vi sono differenze statisticamente significative rispetto al solo trattamento tradizionale sebbene ci siano segnali incoraggiati. In questo studio, addizionare il plasma non si è dimostrata essere una terapia più efficace.

Lo studio

Lo studio è un trial open-label, multicentrico e randomizzato condotto in Cina su un campione di 103 pazienti arruolati in 7 diversi centri e seguiti per un periodo di 28 giorni. L’obiettivo è stato comprendere se il plasma di individui guariti addizionato al trattamento standard fosse più efficace rispetto al solo trattamento standard.

I partecipanti arruolati, tutti con più di 18 anni e con una diagnosi di COVID-19 confermata da tampone, dovevano mostrare un quadro polmonare radiologicamente conclamato ed una forma severa di malattia. I ricercatori hanno suddiviso i pazienti in un gruppo grave ed in uno in cui vi erano coloro in pericolo di vita. Mentre i primi presentavano marcato distress respiratorio, nel secondo gruppo rientravano coloro sottoposti a ventilazione meccanica, i pazienti in shock o con una grave compromissione d’organo.

Il plasma

Il razionale per l’impiego del plasma di individui guariti nei malati è basato sulla teoria che la somministrazione di plasma contenente anticorpi neutralizzati possa essere un’arma contro la malattia. In altre parole, si iniettano proiettili che colpiscono esattamente il bersaglio specifico. Tale ragionamento, però, considera la presenza del virus nell’organismo come l’esclusiva causa della malattia e tralascia i meccanismi patogenetici che il virus stesso innesca e che potrebbero persistere anche dopo la sua scomparsa.

Nello studio, il plasma è stato prelevato da individui dimessi da più di due settimane, negativi a due tamponi successivi e senza potenziali sintomi di COVID-19 al momento del prelievo. La somministrazione, invece, ha seguito lo schema posologico di 4-13 ml di plasma per chilogrammo di peso corporeo.

Addizionare il plasma non si è dimostrato più efficace rispetto al solo trattamento standard

La COVID-19 non possiede attualmente una terapia specifica ed il trattamento del malato è basato sul supporto delle attività vitali e su best practice che emergono giornalmente perlopiù dalla pratica clinica. Sebbene evidenze condivise e linee guida strutturate scarseggino, nuove indicazioni definite e standardizzate sono l’obiettivo su cui si stanno concentrando ricercatori e clinici.

Nel periodo di 28 giorni di osservazione non si è riconosciuto un beneficio statisticamente significativo della terapia addizionata con il plasma rispetto al solo trattamento standard. Ciò significa che globalmente i soggetti trattati non hanno mostrato un miglioramento clinico superiore a coloro che sono stati trattati con la sola terapia standard. Segnali incoraggianti arrivano, però, dal gruppo dei soggetti con una forma meno grave di malattia. Infatti, in questo subgroup si è evidenzianto un beneficio maggiore rispetto a coloro affetti da forma grave.

I pazienti nello studio non hanno mostrato differenze statisticamente significative per mortalità e giorni di ricovero. Differenti risultati, però, si sono evidenzianti nei risultati per la ricerca di SARS-CoV-2 attraverso il tampone. Nel gruppo nel quale è stato aggiunto il plasma, infatti, i pazienti hanno mostrato un rate  statisticamente significativo di negativizzazione al tampone. Ciò concorre a dimostrare l’attività antivirale del plasma.

Saranno necessari altri studi per comprendere meglio la valenza del plasma

Nello studio pubblicato addizionare il plasma non ha globalmente fornito un beneficio maggiore rispetto al solo trattamento standard. Sebbene i risultati non siano stati quelli sperati, ci sono segnali incoraggianti. Lo studio suggerisce che ulteriori approfondimenti sull’efficacia del plasma potrebbero essere condotti su quei pazienti che non hanno ancora sviluppato una forma avanzata di malattia.

Lo studio ha delle criticità che gli stessi autori enunciano, la numerosità campionaria prima fra tutte ed il breve periodo di osservazione. Inoltre, la mancanza di un protocollo condiviso e standardizzato di scelta dei donatori potrebbe aver influito sui risultati della ricerca. Se ne deduce, dunque che ulteriori studi saranno necessari per comprendere meglio la valenza del plasma.

Fonte | Ling Li, Wei Zhang, Yu Hu, et al Effect of Convalescent Plasma Therapy on Time to Clinical Improvement in Patients With Severe and Life-threatening COVID-19 JAMA

Domenico Posa
Amministratore e Facebook Manager | Frequento Scuola di Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Bari "Aldo Moro." Fondatore ed ideatore del progetto "La medicina in uno scatto" | email - domenico.posa@gmail.com