Parte oggi una nuova rubrica che tratterà tutti i temi riguardanti da vicino il mondo dei giovani medici: formazione, inizio della professione, sanità. Per inaugurare questo nuovo filone tematico abbiamo scelto un argomento di cui si sta parlando molto: il rilancio dell’assistenza territoriale e la formazione in medicina generale.
Diteci cosa ne pensate
“La medicina generale/medicina di famiglia è una disciplina accademica e scientifica, con suoi contenuti educativi, di ricerca, le sue prove di efficacia, la sua attività clinica e una specialità clinica orientata alle Cure Primarie.” – Definizione Europea di Medicina Generale/Medicina di Famiglia, Sintesi del Consensus Statement 2002 della Società Europea di Medicina Generale/Medicina di Famiglia (WONCA Europe).
Cosa vuol dire esattamente essere un medico di famiglia in Italia? È ancora attuale l’idea del “medico di base”, impegnato a destreggiarsi esclusivamente tra ricette e burocrazia?
“Nei prossimi 5 anni mancheranno 45 mila medici di base, ma chi va più dal medico di base, senza offesa per i professionisti qui presenti? (…) Tutto questo mondo qui, quello del medico di cui ci si fidava, è finita anche quella roba lì”.
Era una domenica di fine agosto. Si parlava così poco meno di un anno fa. Ma ci volle solo qualche mese perché “quella roba lì” divenisse l’ago della bilancia nella gestione della pandemia da SARS-CoV-2.
Il medico che ti salva la vita
Nel 2017 Atul Gawande, chirurgo e professore alla Harvard Medical School di Boston, tracciò il profilo del “medico che ti salva la vita”. Un chirurgo, direte. E invece si trattava del medico di famiglia.
Gawande nel suo articolo ammetteva che i sistemi sanitari costruiti per “spegnere gli incendi”, anziché prevenirli, non fossero un modello funzionale efficace rispetto al quadro epidemiologico contemporaneo. Un quadro nel quale gli “incendi” – ovvero le malattie – possono essere invece prevenuti in virtù di una integrazione tra assistenza ospedaliera e cure primarie. Tale struttura consentirebbe un approccio globale, centrato sulla persona, oltre che una risposta multidimensionale ai bisogni di salute.
Le poche righe che seguono bastino per comprendere cosa vuol dire essere un medico di famiglia:
“Come era possibile che andare da uno di loro per qualsiasi problema fosse meglio che rivolgersi ad uno specialista? Invariabilmente arrivavano tutti alla stessa conclusione. ‘È una questione di rapporto’, dicevano. Ho cominciato a capire cosa volessero dire solo quando mi sono accorto che i dottori, gli infermieri e il personale che lavorava all’accoglienza chiamavano per nome quasi tutti i pazienti che entravano. Ma quando mi sono reso conto che medico e paziente si conoscevano sul serio, che l’uomo era stato lì tre mesi prima per un dolore alla schiena e sei mesi prima per un’influenza, ho cominciato a capire l’importanza di quella famigliarità. Tanto per cominciare, implicava che quando il paziente notava sintomi potenzialmente gravi andava subito dal medico, invece di rimandare fino a quando non fosse stato troppo tardi. Questo è ampiamente dimostrato. E’ emerso da vari studi che avere un medico che ci cura e ci visita regolarmente, una persona che ci conosce, influisce molto sulla nostra disponibilità a rivolgerci a lui in caso di sintomi gravi. Basterebbe questo a spiegare il calo del tasso di mortalità”, scrive Gawande citando gli studi che in passato avevano già ampiamente dimostrato quanto una medicina generale efficiente possa ridurre i tassi di mortalità ed abbassare i costi della sanità. Primi tra tutti gli studi di Barbara Starfield, autrice di un paper inerente il contributo delle Cure Primarie per lo sviluppo dei sistemi sanitari e la sostenibilità della salute pubblica, nel quale si legge che “le cure primarie aiutano a prevenire le malattie e a ridurre la mortalità” – Atul Gawande, Il Medico che ti salva la vita
Dalle crisi nuove opportunità
Da sempre le crisi permettono di evidenziare ciò che nell’assetto vigente non funziona ed offrono l’opportunità di invertire la rotta.
Tra i nodi irrisolti del SSN, il Rapporto della Corte dei Conti dello scorso maggio punta il dito in particolare su una “insufficienza delle risorse destinate al territorio che ha reso più tardivo e ha fatto trovare disarmato il primo fronte che doveva potersi opporre al dilagare della malattia e che si è trovato esso stesso coinvolto nelle difficoltà della popolazione, pagando un prezzo in termini di vite molto alto”.
In alcune Regioni la rete dei medici di medicina generale e dei dipartimenti di prevenzione, cruciale nell’intercettare i pazienti all’esordio dei sintomi, non ha funzionato. Tale risultato è da interpretarsi come diretta conseguenza di pregresse scelte di politica sanitaria, che negli ultimi anni hanno condotto ad un graduale definanziamento della sanità pubblica, con particolare riguardo al territorio.
I risultati?
- Assenza di filtro territoriale;
- Identificazione tardiva dei casi e della relativa rete di contatti;
- Alto tasso di ricoveri;
- Comunicazione inefficace sui rischi legati all’epidemia e sulle corrette norme igienico – sanitarie da seguire per limitarne la diffusione.
L’emergenza CoVid-19 è solo l’ultima delle sfide che le Cure Primarie hanno dovuto affrontare negli ultimi anni, aggiungendosi a quella di riuscire a dare risposte adeguate a bisogni di salute sempre più complessi, legati all’aumento dell’aspettativa di vita (transizione demografica) e alla prevalenza delle patologie croniche (transizione epidemiologica).
Una complessità emersa drammaticamente con la pandemia, che ha trovato l’assistenza territoriale in “uno stato di debolezza strutturale e di arretratezza culturale e scientifica”, come sottolinea Gavino Maciocco su Salute Internazionale.
Per cercare di trarre dall’emergenza una lezione per il futuro, non si può non riconoscere la necessità di un rinnovamento della medicina generale, rimasta ancorata ad un modello anacronistico risalente alla concezione mutualistica di 40 anni fa e ferma ad una formazione non professionalizzante e non in grado di preparare i futuri medici di famiglia ai cambiamenti demografici ed epidemiologici in atto.
La formazione specifica in medicina generale in Italia
A 40 anni dalla Conferenza di Alma Ata e a 30 anni dall’attuazione del D.lgs. 368/1999, l’Italia resta uno dei pochi Paesi in Europa a non avere una scuola di specializzazione in medicina generale.
L’attuale Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale (CFSMG), organizzato dalle Regioni e Province Autonome sulla base del D.L. 368/99 e del DM 07 marzo 2006, è ancora privo di un’indicazione condivisa in merito ai contenuti specifici da impartire ai medici in formazione nel corso del triennio, alle competenze specifiche da acquisire, alle attitudini umane e professionali da promuovere, ma soprattutto manca una riflessione profonda su quali metodologie formative ed organizzative siano necessarie per raggiungere tali obiettivi. Tradotto, manca un Core Curriculum che stabilisca competenze, obiettivi formativi da raggiungere e prove formali di valutazione.
Ma soprattutto, agli attuali corsisti è preclusa la possibilità di accedere a percorsi di dottorato specificamente dedicati alla ricerca in medicina generale, la cui importanza è stata messa in evidenza in alcuni studi che hanno dimostrato la necessità di implementare l’attività di ricerca nel campo delle cure primarie per rinnovare e potenziare i sistemi sanitari.
La mancanza di un percorso formativo specialistico e di un Settore Scientifico Disciplinare di Medicina Generale rende tale branca poco appetibile rispetto alle altre. Il che limita la possibilità di attrarre risorse umane verso una disciplina che continua ad essere vista come una scelta di ripiego nella formazione medica post-lauream. Ovvero un’opzione incapace ad offrire qualità nella didattica e competenze adeguate, come evidenziato anche in una survey nazionale del 2017 che ha raccolto le valutazioni di corsisti e neodiplomati in merito al percorso formativo in medicina generale.
E se fosse una specializzazione?
Proviamo ad immaginare quali potrebbero essere i vantaggi di un percorso specialistico in medicina generale che si avvalga delle conoscenze scientifiche del mondo accademico portandole sul territorio.
L’istituzione della Scuola di Specializzazione in Medicina Generale potrebbe rappresentare la via per:
- Garantire l’adozione di un core curriculum comune su tutto il territorio nazionale, che includa le competenze specifiche che i futuri MMG devono acquisire e i criteri attraverso i quali monitorare la qualità della formazione;
- Istituire il Settore Scientifico Disciplinare (SSD) e i percorsi di dottorato dedicati alla ricerca nel campo delle Cure Primarie, colmando il gap culturale tuttora esistente con le altre discipline;
- Equiparare il nostro Paese agli standard europei;
- Introdurre l’insegnamento della medicina generale all’interno del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia e dei percorsi post-lauream;
- Creare una rete formativa con tutti gli attori coinvolti nell’ambito delle Cure Primarie e promuovere in tal modo la crescita culturale della disciplina e lo sviluppo di team multidisciplinari che consentano un approccio adeguato alle multi-morbilità ed alle cronicità.
Una nuova medicina generale è dunque possibile, ma per rilanciarla è necessario partire dalle basi. Ovvero da una sua ri-formazione, in primo luogo culturale e scientifica.
ALTRE FONTI |
- Definizione Europea di Medicina Generale/Medicina di Famiglia, WONCA Europe;
- Cure primarie e servizi territoriali, esperienze nazionali e internazionali – Gavino Maciocco;
- Un’altra medicina di famiglia, Gavino Maciocco (Salute Internazionale);
- Il percorso di formazione specifica in medicina generale (Salute Internazionale);
- Starfield B, Shi L, Macinko J. Contribution of Primary Care to Health Systems and Health. The Milbank Quarterly 2005;83(3):457–502
- Mazzucco W., Marotta C., de Waure C., Marini G., Fasoletti D., Colicchio A., Luppi D., Pignatti F., Sessa G., Silenzi A., Puccio G., Parente P., Costantino C. and the Italian General Practice and Primary Health Care Working Group. Motivational aspects and level of satisfaction of Italian junior doctors with regard to knowledge and skills acquired attending specific general practice training courses. A National web survey, EMBJ.ORG 2017
- Beasley JW, Starfield B, van Weel C, Rosser WW, Haq CL. Global health and primary care research. J Am Board Fam Med. 2007 Nov-Dec;20(6):518-26.