Un nuovo studio condotto negli Stati Uniti e pubblicato su JAMA potrebbe rivalutare il ruolo dell’alcol, dimostrando che l’assunzione in dosi lievi-moderate avrebbe effetti protettivi contro il fisiologico declino cognitivo correlato con l’età.

Background

Il consumo di alcol a scopo ricreativo è ormai parte integrante di molte culture di tutto il mondo. I rischi connessi all’abuso di questa sostanza sono ben conosciuti: danni al fegato e al pancreas, ipertensione, aumentato rischio di neoplasie, ripercussioni psicologiche, solo per citarne alcuni. Per questo motivo, il Ministero della Salute in Italia, così come i rispettivi CDC (Centri di Controllo e Prevenzione) di tutto il mondo, hanno introdotto il concetto di Unità Alcolica (UA), in modo da definire con precisione e categorizzare il consumo di alcol etilico di un individuo. L’UA in Italia corrisponde a 12 grammi di alcol puro, ovvero quelli che troviamo in media in un calice di vino di media gradazione (Figura 1)

La soglia di consumo consigliata per gli uomini è di 2 UA al giorno, mentre per le donne è di 1 UA. Al di sotto di questo livello si parla di “consumo lieve-moderato”, mentre se è superiore si definisce “consumo abituale elevato”.

Figura 1. Equivalenti di una Unità Alcolica.

Lo studio

In questa nuova ricerca, inserita nel contesto del “Health and Retirement Study” dell’Università del Michigan, sono stati analizzati i dati di 19.887 uomini e donne statunitensi, seguiti per un tempo medio di 9,1 anni.

I partecipanti sono stati divisi in base al loro consumo giornaliero di alcol, e successivamente testati periodicamente sulle loro funzioni cognitive. In particolare, i ricercatori hanno analizzato tre parametri chiave: capacità di richiamo verbale (l’abilità di ricordare e utilizzare termini appresi precedentemente), stato cognitivo generale, vocabolario. Per eliminare eventuali fattori di confondimento, i partecipanti sono anche stati stratificati per sesso, età, etnia, livello scolastico, stato civile e BMI.

I risultati

I dati raccolti dimostrano che il consumo lieve-moderato di alcol è associato a migliori performances su tutti e tre i parametri chiave, sia negli individui di mezza età sia in quelli più anziani. L’associazione risulterebbe più forte nella razza nera rispetto a quella bianca, anche se bisogna tener conto del fatto che i due gruppi non erano numericamente equidistribuiti.

Viceversa, dosi più alte hanno confermato il ruolo nocivo dell’alcol: il consumo di più di 10 UA settimanali ha impattato maggiormente sulle capacità di richiamo verbale, mentre oltre le 14 UA si è notato un impoverimento complessivo del vocabolario.

Lo studio ha inoltre riscontrato tra i partecipanti un consumo eccessivo di alcol nel 5% delle donne e nel 15% degli uomini.

Prospettive future

Com’è facile intuire, lo studio necessita di conferme e di approfondimenti per chiarire il reale ruolo dell’alcol sulla salute mentale dell’individuo e sui meccanismi con cui esso proteggerebbe dal declino cognitivo età-correlato. In questo modo, i medici riuscirebbero a dare consigli ai loro pazienti nel modo migliore possibile, sfruttando questo nuovo “potenziale” ancora tutto da scoprire, e minimizzando i danni che l’alcol porta con sé.

FONTI | Paper JAMA; Medscape; Epicentro ISS

FONTI IMMAGINI |  in evidenza; Figura 1