Secondo il concetto di fetal programming, sottoponendo il feto a determinati stimoli si generano effetti a lungo termine riguardanti il suo stato di salute. Concetto simile è l’early-life programming, il quale si estende addirittura al periodo che va dalla fase prenatale ai primi anni dopo la nascita.
I principali stimoli in questo senso sarebbero l’alimentazione, l’ambiente esterno e lo stile di vita. Tali stimoli hanno in questa fase un maggior peso poiché l’aumentata replicazione e differenziamento cellulare caratterizzanti i primi tempi dello sviluppo rendono l’organismo più suscettibile agli stimoli. Ad esempio, sono diversi gli studi che correlano lo stato di salute dell’adulto con l’alimentazione adottata nei primi 1000 giorni di vita. Ma attraverso quale meccanismo avverrebbe?
L’ipotesi maggiormente accreditata è che i caratteri epigenetici acquisiti in questa prima fase di vita (early life) risultino più stabili e influenzino a lungo termine il rischio di sviluppare patologie croniche non trasmissibili come cancro, obesità e diabete. Il razionale va ricercato nella stabilizzazione del pattern di metilazione del DNA e di configurazione istonica, fondamentali per l’espressione genica. Nello specifico, particolare importanza hanno gli epialleli metastabili, ovvero loci con pattern di metilazione casuale.
Fetal programming: evidenze
Nella fase prenatale il milieu intrauterino ha un ruolo centrale. Si assiste a una sorta di “dialogo”, tra il feto e l’ambiente intrauterino, basato principalmente sullo scambio di varie molecole. È quindi fondamentale che siano presenti tutti i micro- e macronutrienti in quantità adeguate.
Da queste premesse deriva il ruolo centrale dell’alimentazione della madre durante la gestazione. Gli stimoli ricevuti in un periodo così determinante possono infatti modificare lo sviluppo endocrino-metabolico, organico, immunologico e neurologico del bambino, con ripercussioni che si estendono fino all’età adulta.
Probabilmente la metilazione del DNA è uno dei meccanismi più importanti di questo processo, dunque fornire un apporto sufficiente di donatori di metile (quali acido folico, vit B6, vit B12 e colina) è fondamentale al fine di garantire un adeguato processo di metilazione.
Uno studio condotto in Gambia, regione in cui la disponibilità di alimenti contenenti folati cambia repentinamente con la stagione delle piogge, ha permesso di confrontare gli epialleli metastabili di soggetti nati in diversi periodi dell’anno – ergo, diversi livelli di folato – rilevando differenze significative tra i gruppi. Gli autori hanno inoltre riscontrato che i livelli di vit B6, vit B12, cisteina e omocisteina sono stati predittori del valore di metilazione medio degli epialleli metastabili.
Un ulteriore studio retrospettivo ha messo in relazione la supplementazione di acido folico nel periodo a ridosso del concepimento con un’aumentata metilazione del gene IGF2, a sua volta correlata con un minor peso alla nascita.
Un studio invece storico e rilevante nell’ambito nutriepigenomico è quello sviluppato a seguito della carestia che interessò l’Olanda nell’inverno tra il 1944 e 1945. Nella popolazione che visse tale condizione di malnutrizione prenatale furono riscontrate un aumentato rischio di patologie cardiovascolari, ridotte funzioni cognitive e tolleranza al glucosio, alterata funzionalità renale e polmonare.
L’aspetto che più sorprese gli studiosi fu però il rilevare come la malnutrizione avesse mostrato effetti anche sui nati da madri esposte alla carestia prima del concepimento. In particolare, fu riscontrata una diminuzione della metilazione dell’IGF2, che può spiegare un aumento del rischio di diabete, patologie cardiovascolari e obesità.
Diversi studi hanno allo stesso modo riportato un aumentato rischio di obesità, ipertensione e diabete in soggetti che hanno ricevuto un eccessivo apporto calorico durante la vita fetale, in particolare quando anche i genitori erano affetti da sindromi metaboliche e diabete. Questo aspetto sembra legato ad un’eccessiva stimolazione pancreatica durante la vita fetale, con relativa iperinsulinemia e aumentato peso alla nascita.
E dopo la nascita?
Anche l’alimentazione del primo periodo di vita extrauterino riveste un ruolo fondamentale nel determinare lo stato di salute ma anche lo sviluppo delle capacità intellettive e quindi il livello di scolarizzazione raggiunto. Vari studi sembrano concordi in tal senso.
Uno studio partito in Guatemala nel 1969 ha mostrato migliori risultati, in termini di capacità intellettive, nei bambini che avevano ricevuto un supplemento alimentare con adeguato apporto di energia, proteine e micronutrienti entro i tre anni, rispetto a soggetti riceventi un supplemento meno completo e bilanciato.
L’allattamento, in questo senso, garantisce la giusta quantità di nutrienti nella prima fase di vita extrauterina, in particolare per quanto riguarda le proteine. Alcuni studi hanno confrontato l’alimentazione con formule ad alto contenuto proteico con latte materno/formule a basso contenuto proteico. I bambini alimentati con latte materno o formule a basso contenuto proteico hanno mostrato infatti, a distanza di anni, una moderata velocità di crescita ma anche minor rischio di sviluppare obesità.
Nell’ambito del Barbados Nutrition Study, invece, sono stati analizzati i profili di metilazione di 168 soggetti esposti a malnutrizione da deficit proteico durante il primo anno di vita e i loro figli (follow up di 48 anni), ricercando deficit cognitivi o di attenzione.
In questo contesto è stato possibile osservare 134 loci genetici nutrition-sensitive con differenze rilevanti dal punto di vista della metilazione a seconda degli stimoli nutrizionali ricevuti dai soggetti. Inoltre, è stata dimostrata una correlazione tra il pattern di metilazione in loci nutrition-sensitive e gli score ottenuti ai test per la valutazione delle funzioni cognitivo-attentive.
Lo studio ha inoltre riscontrato come solo una piccola parte del genoma resti influenzabile da stimoli nutrizionali durante tutto il periodo “early life”. La maggior parte dei loci, a quanto pare, è particolarmente sensibile agli stimoli nutrizionali solo durante periodi specifici e diversi a seconda del locus.
Conclusioni
L’alimentazione è uno dei più potenti alleati della salute dell’uomo da sempre. Prestare attenzione a questo aspetto fin dalle prime fasi della vita, può essere determinante per garantire un corretto sviluppo, prevenire patologie e vivere in uno stato di benessere.
Siamo ancora lontani dall’aver compreso del tutto i complessi meccanismi con cui l’alimentazione interagisce con la salute. Arrivare a conoscere questi meccanismi probabilmente permetterà di fare interventi mirati, cominciando fin dal concepimento a prendersi cura del potenziale stato di salute del futuro adulto.
FONTI| Articolo1, Articolo2, Articolo3, Articolo4, Articolo5, Articolo6, Articolo7, Articolo8
Autore: Elena Fiumicelli – Revisore: Dott. Simone Salemme